martedì 27 gennaio 2015

PER NON DIMENTICARE: "IL GIORNO DELLA MEMORIA"

Il 27 gennaio è il giorno dedicato al ricordo dell' Olocausto: il genocidio degli ebrei europei da parte del regime nazista nel corso della seconda guerra mondiale.
Tutti dobbiamo ricordare e riflettere affinchè sia bandito per sempre l'odio razziale.
Ripropongo ai lettori di questo blog il post datato 24 gennaio 2014 e che da mesi viene periodicamente pubblicato nella rubrica :"Per non dimenticare".


Il cinereo cielo avvolge
la campagna innevata,
nell'aria gelida
non volano gli uccelli,
nei fitti boschi,
oltre il filo spinato,
non brucano gli scoiattoli,
non saltellano le lepri,
non si cibano i camosci,
le betulle imbiancate 
piangono dai rami umidi e ricurvi;
la natura è silente, immobile,
inanimata, perchè violata.

Un corteo umano avanza;
i rossi mattoni risaltano
sul bianco invernale,
tetre mura cingono 
il covo dell'umana follia,
un sinistro manufatto si erge a imporre
la propria disumana geometria,
e con ferina avidità
assale della ragione l'armonia.

Un corteo umano avanza,
lento,
non una voce,
una umanità lacera e smarrita,
nel fisico vessata,
nello spirito atterrita,
non un lamento:
donne, uomini, vecchi,
fanciulli aggrappati ai corpi delle madri,
gli occhi asciutti e terrorizzati.

In essi si leggono 
i segni del passato,
figli di Abramo, 
nel mondo erranti,
dall'odio umano sempre fuggenti,
quali le colpe?
essere da Dio eletti?

Un corteo umano avanza :
la stella gialla sui logori pastrani,
li condanna,
non un lamento,
forti nel cuore straziato,
gli sguardi rassegnati,
si chiedono: perchè.

Gli aguzzini spiano,
nei loro lustri stivali,
nelle loro nere e cupe uniformi,
alamari luccicanti  presagi di morte,
automi senz'anima,
carnefici di diabolici disegni,
e governano l'umana onda
in un cammino senza ritorno.

Il corteo umano avanza,
una funesta, fumosa nuvolaglia,
da una ciminiera si dirada,
oscura il cielo;
sopra il tetro cemento
le rosse e tetre mura si aprono,
il corteo umano avanza
inghiottito oltre il recinto,
non un lamento,
gli sguardi  penosi
senza speranza,
piangono l'ingiustizia,
le mura richiudono lo spazio tra la vita e la morte.
Perchè ?

marco buonarroti                                               ( Riproduzione vietata)

Per non dimenticare
 24 gennaio 2014
Memory of the Camps', restaurato documentario di Hitchcock sui lager nazisti


ultimo aggiornamento: 08 gennaio 2014
Londra - (Adnkronos) - Le immagini scioccarono il maestro del brivido che fu costretto ad allontanarsi dal progetto per una settimana

Londra, 8 gen. (Adnkronos) - Un documentario sulla liberazione dei campi di concentramento nazisti curato da Alfred Hitchcock, dimenticato per più di 60 anni e oggi riscoperto. A darne notizia questa mattina è stato il quotidiano britannico 'The independent'.

Il film, mai mostrato al pubblico integralmente, venne messo da parte dagli inglesi nell'immediato dopoguerra per favorire la riappacificazione. Venne in parte recuperato nel 1980 e proposto in una versione incompleta al Festival di Berlino del 1984, oltre che sulla rete tv americana 'Pbs' con il titolo 'Memory of the Camps'. La pellicola venne realizzata da Hitchcock nel 1945, chiamato a lavorare sul materiale, girato da truppe inglesi e sovietiche soprattutto a Bergen-Belsen, dall'amico Sidney Bernstein. Quelle immagini scioccarono il maestro del brivido che fu costretto ad allontanarsi dal progetto per una settimana. Ora l'Imperial War Museum sta provvedendo al restauro della versione curata da Hitchcock, includendo anche il materiale non utilizzato negli anni Ottanta. Il film dovrebbe essere disponibile per i festival e il cinema per la fine del 2014 e anche la tv inglese potrebbe trasmetterlo nel prossimo anno.  

                                               
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Annotazione :                               ( a cura dell'autore del blog)



                                               Il Regista Alfred Hitchcock



Ricerca sui campi di concentramento e sterminio




La scritta "Arbeit .....".Il lavoro rende liberi"era scritto all'ingresso di molti campi nazisti. Macabra e perfida ironia, racchiusa in quelle mefistofeliche parole !


Campo di concentramento e di sterminio
Luogo di prigionia creato per deportare civili e militari, generalmente per motivi bellici o politici. Un campo di  concentramento si differenzia dal carcere per tre ragioni : 
1) uomini, donne e bambini sono imprigionati senza un regolare processo;
2) il periodo di confinamento è indeterminato.
3) le autorità che gestiscono il campo di concentramento esercitano un potere arbitrario e illimitato. 

Sebbene ne esistano svariate tipologie, di solito si tratta di agglomerati di baracche o di capannoni, circondati da torrette e delimitati da reti di filo spinato.
In diversi momenti della storia del XX secolo i campi di concentramento (a volte chiamati con eufemismo “campi di lavoro” o “centri di rieducazione”) divennero veri e propri campi di sterminio, per l’eliminazione fisica di gruppi etnici o religiosi (come ebrei e rom da parte della Germania nazista) o di oppositori politici.

I campi di concentramento apparvero alla fine dell’Ottocento. I primi furono costruiti dai sudisti durante la guerra di secessione americana, per deportarvi i prigionieri dell’Unione. Altri furono costruiti dagli spagnoli a Cuba durante la guerra ispano-americana (1898) e in Sudafrica dagli inglesi durante la guerra anglo-boera (1899-1902). Vi fecero ricorso anche gli italiani per fronteggiare la ribellione araba in Libia, dopo il 1911 (vedi Guerra italo-turca).

Nel 1938 il governo francese si servì dei campi di concentramento per internare i repubblicani spagnoli rifugiati a causa della guerra civile e, in seguito, il governo collaborazionista di Vichy vi rinchiuse gli ebrei e i rifugiati antinazisti tedeschi.
Nel 1939 il governo britannico deportò nei campi di internamento i cittadini sospetti di comportamento sleale e i rifugiati provenienti dai paesi nemici.

Durante la seconda guerra mondiale, 70.000 cittadini americani di origine giapponese e 42.000 giapponesi residenti in California furono internati negli Stati Uniti a causa del conflitto con il Giappone. Tuttavia, l’esperienza più tragicamente nota fu quella dei campi di concentramento e di sterminio installati, nel corso della seconda guerra mondiale, in Germania e nei territori occupati da parte del regime nazista.
Negli anni Settanta del Novecento l’istituzione su larga scala di campi di concentramento e di “rieducazione” (in realtà veri e propri campi di sterminio, dove venivano internati coloro che si erano compromessi con il precedente regime) contraddistinse la dittatura di Pol Pot in Cambogia. Ai campi di concentramento fecero ricorso alcune delle più spietate dittature sudamericane durante gli anni Sessanta e Settanta (in particolare in Argentina e in Cile) e le varie parti coinvolte nel conflitto esploso nel 1991 nella ex Iugoslavia.

I gulag sovietici

La repressione staliniana colpì indifferentemente classi sociali, minoranze etniche e ogni tipo di opposizione politica: kulaki, intellettuali, anarchici, militari russi rientrati dalla prigionia in Germania ecc. Amministrato negli anni Venti da differenti organismi, il sistema concentrazionario sovietico passò, negli anni Trenta, sotto il diretto controllo della polizia segreta, il KGB.Nei mesi successivi alla Rivoluzione d’ottobre i bolscevichi istituirono “campi di rieducazione e lavoro” per coloro che erano sospettati di essere controrivoluzionari. Durante gli anni Venti gli oppositori furono internati, insieme ai criminali, nei campi di concentramento situati nelle isole del Mar Bianco. Negli anni Trenta e Quaranta si sviluppò un sistema di campi di lavoro dislocati in tutto il paese, dove giunsero milioni di prigionieri, in varie ondate successive e attraverso deportazioni di massa.
Dopo la morte di Stalin (1953) molti internati vennero rilasciati grazie a un’amnistia, ma i campi di concentramento continuarono a essere utilizzati, anche se su scala minore. Si calcola che complessivamente nell’Unione Sovietica furono internate 15 milioni di persone, costrette a lavorare in condizioni durissime nelle miniere o nei pozzi petroliferi, cioè in attività di importanza primaria per l’economia sovietica. Una grandissima parte di questi prigionieri non sopravvisse..

I campi nazisti


Nella seconda metà degli anni Trenta erano sorti numerosi campi di concentramento in Germania e molti altri campi vennero costruiti durante la seconda guerra mondiale nei paesi occupati, in primo luogo in Polonia, per internare uomini, donne e fanciulli deportati dai paesi occupati, in massima parte destinati allo sterminio.
In questi campi concentrazionari, con sistematica e razionale pianificazione, che prevedeva sia l’annientamento materiale (disastrose condizioni igienico-alimentari, disumane costrizioni al lavoro, deliberate torture fisiche) sia la sopraffazione psicologica, si mirava a cancellare identità, personalità e autonomia di milioni di persone.

 Lo sterminio di massa veniva poi programmato scientificamente con le camere a gas, le fosse comuni e i forni crematori.In Germania i nazisti, non appena si insediarono al potere, il 30 gennaio 1933, istituirono i Konzentrazionslager (o KZ), dove la polizia politica, la Gestapo, rinchiuse i tedeschi antinazisti (comunisti, socialisti, “dissidenti religiosi”). Inoltre la polizia criminale, nota con il nome di Kripo, operò arresti preventivi di persone con precedenti penali, di rom, omosessuali, disabili, prostitute e di tutti coloro che a vario titolo vennero considerati “asociali”. Dal 1938 si intensificarono le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento gestiti dalle SS (Schutzstaffel, o Unità di protezione) con una brutale e severissima disciplina militare.




Fra i primi campi, sorti in Germania, vi furono quelli di Dachau, Buchenwald, Sachsenhausen, Flossenbürg e Ravensbrücks, che fu un campo esclusivamente femminile. Mauthausen sorse subito dopo l’annessione dell’Austria e quello di Auschwitz-Birkenau, forse il più tristemente famoso (vi furono eliminate circa quattro milioni di persone, di cui oltre un milione di ebrei), dopo la conquista della Polonia; al 1943 risale la costruzione del campo di Bergen-Belsen. Nel 1939, all’inizio della guerra, gli internati erano in Germania circa 25.000; durante la guerra passarono per i lager milioni di persone, per la massima parte ebrei, rom, prigionieri di guerra sovietici e membri della Resistenza.
A partire dal 1942 in questi campi venne attuata la cosiddetta “soluzione finale”, che aveva come scopo l’annientamento fisico degli ebrei (vedi Shoah), ma che coinvolse anche altre razze considerate “inferiori”. A tale scopo furono attrezzati nuovi campi di sterminio ubicati in Polonia: Chelmno (già funzionante dal dicembre del 1941), Belzec, Sobibór, Treblinka. Coloro che non venivano eliminati al momento stesso dell’arrivo nei campi, o che rientravano in particolari categorie di internati, erano costretti a estenuanti lavori forzati. Molti prigionieri, soprattutto bambini, furono impiegati come cavie in sperimentazioni “scientifiche” e “mediche”.
(Rif.Bibl.Microsoft Encarta)



lunedì 26 gennaio 2015

RUBRICA :"NOBEL ITALIANI DA RICORDARE".(L.PIRANDELLO)

NEL 1934, IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA FU ASSEGNATO A LUI GI PIRANDELLO










Pirandello, Luigi (Girgenti, oggi Agrigento 1867 - Roma 1936), scrittore italiano, uno dei massimi drammaturghi del Novecento. Anche se il consenso della critica è sempre stato molto controverso (soprattutto in Italia), Pirandello è uno dei pochi scrittori italiani del XX secolo che abbia saputo conquistarsi una fama internazionale: non tanto per il premio Nobel (1934), quanto grazie allo straordinario numero di compagnie che ne mettono in scena i drammi in molti paesi del mondo.

Conseguì la laurea in filologia romanza all'Università di Bonn quindi si dedicò all'insegnamento della letteratura italiana, pubblicando nel 1894 le prime novelle, Amori senza amore. Nel 1901 pubblicò il suo primo romanzo, L'esclusa, che segna il passaggio dal modello narrativo verista allo stile 'umoristico', cioè a una caratteristica mescolanza di tragico e comico, che da quel momento avrebbe caratterizzato la produzione pirandelliana.

Al 1903/1904 risale  la stesura della sua migliore opera narrativa, il romanzo Il fu Mattia Pascal . A questo seguirono altri romanzi, tra i quali spiccano I vecchi e i giovani (1913) e Uno, nessuno e centomila (1925-1926), che rappresenta per molti aspetti una specie di consuntivo ideologico finale.

 Intorno al 1910 Pirandello si decise ad affrontare anche le scene. Opere teatrali:
 Pensaci, Giacomino! e Liolà (entrambi del 1916),
 Così è (se vi pare) (1917) e
Il giuoco delle parti (1918)

Il 1921 fu l'anno della fama pirandelliana, raggiunta con il dramma "Sei personaggi in cerca d'autore", opera che venne fischiata a Roma ma che poco tempo dopo ottenne a Milano uno strepitoso successo, che continuò in America e che continua tutt'ora.
Segui la tragedia Enrico IV che consacrò in modo definitivo Pirandello fra i massimi  drammaturghi mondiali.








     marco buonarroti



.ARTE/MUSICA:"UN RICORDO DI CLAUDIO ABBADO"

Il grande direttore d'orchestra Claudio Abbado




 E' trascorso un anno dal giorno della morte di Claudio Abbado, ci lascio' il 20 gennaio del 2014 e avvertiamo una grande solitudine e tanti rimpianti.

Siamo comuni e semplici persone che amano e che da sempre hanno amato la musica e siamo consapevoli che l'arte gioca un ruolo di "vitale" importanza nell'educazione, non solo dei giovani, ma di tutti i componenti di una comunità; si tratta di scegliere tra la vita e la morte dello spirito, tra la libertà e la schiavitù dell'anima, "un popolo colto è un popolo libero"* a significare che la cultura è la linfa vitale che permette la crescita di una coscienza civile individuale e quindi collettiva.








 
La musica, qualsiasi sia la sua forma espressiva, da quella colta a quella popolare e religiosa, da quella folcloristica a quella leggera, compresa anche una semplice cantilena tribale,  occupa un posto privilegiato nella formazione dell'arte,di cui è una categoria che oltre a essere produttrice di culltura come tutte le altre categorie, ha il merito di unire e comunicare creando i  presupposti di una convivenza pacifica e rispettosa di tutte le etnie; ogni società infatti, possiede una propria musica cosi come possiede una propria lingua.
 
 
 
 
Il grande maestro ha lasciato al mondo della musica un'eredità  fatta di studio, di divulgazione e interpretazione dei grandi e geniali compositori protagonisti della storia della musica dal seicento fino ai nostri giorni. 
Ma ci ha lasciato anche il ricordo della sua continua attenzione ai problemi della cultura musicale in Italia, dei suoi suoi appelli alle istituzioni scolastiche pubbliche e private,alle associazioni culturali e a quanti capaci di fattività, per un recupero e sviluppo dell'arte musicale rimasta per troppo tempo ai margini di una cultura che è anche questa di per se relegata nel dimenticatoio. 
 
 
 
 Abbado, Claudio (Milano 1933), direttore d'orchestra italiano. Dopo essersi diplomato in pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano, proseguì gli studi a Vienna seguendo corsi di direzione. Fu direttore musicale del Teatro alla Scala dal 1968 al 1986 e della London Symphony Orchestra dal 1979 al 1988, diventando direttore stabile dell'Opera di Vienna nel 1986. Dal 1970 è uno dei direttori d'orchestra regolarmente ospitati dai Wiener Philharmoniker. Le interpretazioni di Abbado hanno avuto un ruolo di rilievo nel far conoscere a un vasto pubblico le opere di compositori d'avanguardia come Luigi Nono, divulgate anche attraverso numerose incisioni. Nel 1989 Abbado succedette a Herbert von Karajan come direttore stabile dei Berliner Philharmoniker, orchestra che ha guidato con grande successo sino al 2002.
Dopo il 2002 si dedicò alla Chamber Orchestra of Europe e ad altre importanti orchestre di livello internazionale.
 
 Da Vikipedia si legge :
"Il 27 gennaio 2014,alle ore 18, il Teatro alla Scala, lo ricordò con l'esecuzione, diretta dal Maestro Daniel Barenboim, della Marcia funebre tratta dalla Sinfonia n.3 di Ludwig van Beethoven.
Dal Teatro simbolicamente vuoto e a porte aperte, la Sinfonia fu diffusa verso la piazza antistante gremita da 8.000 persone in silenzio. L'evento fu trasmesso in diretta mondiale da Rai 5."


marco buonarroti
 

LA CULTURA IN ITALIA

Ripropongo la lettura di questo post, perchè il problema della cultura in Italia , a mio avviso, chiude questo 2014 con un bilancio negativo e con scarse aspettative di risoluzione e ciò non solo per le riprovevoli inadempienze della politica, ma anche per un'assenza diffusa di richiesta culturale della massa.

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Italiani? ‘Capre e ignoranti’

di Alessio Pisanò / 8 novembre 2013......Da:"Il fatto quotidiano"on line


Mi si perdoni la discutibile citazione di Vittorio Sgarbi.Ma un sondaggio europeo sulla partecipazione culturale italiana non lascia scampo.

 Secondo i dati pubblicati in settimana dalla Commissione europea, un italiano su due ha una “bassa pratica culturale”, solo 8 su 100 hanno un interesse “alto” o “molto alto” per i prodotti culturali. Nell’indice di pratica culturale il 49 per cento degli italiani ha bassa pratica a fronte del 34 per cento della media europea. Male anche la lettura (-7 per cento), visite a monumenti (-8 per cento) musei (-4 per cento).

A livello europeo ci sono notevoli differenze tra gli Stati membri. In termini di frequenza di partecipazione a tutti i tipi di attività culturali i paesi nordici totalizzano il punteggio più alto, guidati da Svezia (43 per cento tasso di partecipazione alto o molto alto), Danimarca (36 per cento) e Olanda (34 per cento). All’altra estremità della scala ci sono la Grecia, dove solo il 5 per cento ha tassi elevati o molto elevati di partecipazione, il Portogallo e Cipro (6 per cento), la Romania e l’Ungheria (7 per cento), e l’Italia, con un misero 8 per cento. Se guardiamo i livelli di partecipazione attiva, in Danimarca il 74 per cento della popolazione ha partecipato attivamente in almeno un’attività culturale durante l’anno scorso, in Svezia il 68, in Finlandia il 63 e nei Paesi Bassi il 58 per cento. Solo il 20 per cento degli italiani intervistati ha detto di aver fatto la stessa cosa. Peggio di noi soltanto Bulgaria (14 per cento) e Malta (18 per cento).

Una lettura veloce di questi dati evidenzia una spaccatura in due dell’Europa: il Nord più culturalmente attivo, il Sud e l’Est più pigri. Guarda caso la stessa divisione che c’è dal punto di vista economico. A questo punto una domanda sorge spontanea: qual è la causa e qual è la conseguenza? Si potrebbe dire che a causa delle ristrettezze economiche e della crisi gli europei del sud e dell’est hanno meno tempo per nutrire lo spirito, leggendo un libro o guardando un film. Forse. Ma un’ipotesi più provocatoria suggerisce che è proprio l’inferiore interessamento culturale ad essere in parte causa della peggiore situazione economica e sociale. Diciamo la verità, Italia, Spagna e Grecia non se la passavano bene nemmeno prima del 2008, almeno rispetto a Svezia, Finlandia o Germania (in termini di lavoro, stipendi, welfare e così via). E’ una realtà che un popolo più colto, e non solo in senso scolastico, è più preparato ad affrontare la vita di tutti i giorni, interpretare il mondo attorno a se, difendersi da soprusi e propagande ed è meno incline ad appoggiare élite politiche discutibili.

Se la maggior parte degli italiani avesse visto il film “Citizen Kane” (Quarto Poteredi Orson Wellesforse Berlusconi non sarebbe mai stato Premier. E se la maggior parte degli italiani avesse letto La fattoria degli Animali” di George Orwell forse i partiti populisti avrebbero meno terreno fertile. Il problema è che la cultura finisce sempre all’ultimo posto, perché come diceva Giulio Tremonti “con la cultura non si mangia” – affermazione ridicola e sbagliata. Ecco allora orde di giovani che crescono con la testa piena dei falsi modelli imposti dalla tv e dalla società dello spettacolo, un po’ di calcio la domenica e la frittata e fatta. Con il passare degli anni la società si inebetisce, non sapendo niente dei grandi filosofi del passato, non conoscendo la storia, il cinema, l’arte e la letteratura.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: una società incapace di rinnovarsi, dove “tutto cambia affinché nulla cambi” come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pronta a bersi qualsiasi panzana assorbita passivamente dalla Tv, a perpetuare modelli economici del secolo precedente, a ignorare qualsiasi sfida ambientale mondiale e a continuare a vedere l’Europa con la miopia tipica del nazionalismo. E intanto la politica urla e si indigna, invoca il cambiamento e promette. Ma la vera rivoluzione, l’unica che potrebbe davvero “cambiare” le cose, forse è culturale e non politica (senza alcun riferimento storico a chi i libri li bruciava invece che leggerli). Leggere Bauman, imparare una lingua straniera, guardare un film di Loach, questo è un atto rivoluzionario, il resto è “solo chiacchiere e distintivo”.

                                               
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Annotazione :                      ( a cura di marco buonarroti)

A proposito di cultura :
                                                       Citazioni:


HANNAH ARENDT


Hannah Arendt (Linden ,14 ottobre 1906-New York 4 dicembre 1975),fu
una filosofa,storica,scrittrice tedesca,naturalizzata statunitense.

"LA SOCIETA' DI MASSA NON VUOLE CULTURA ,MA SOLO SVAGO."

                                                
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ANDRE' MALRAUX



Andrè Malraux (Parigi 3 novembre 1901-Crèteil 23 novembre 1978)
fu uno scrittore e politico francese.

"LA CULTURA NON SI EREDITA ,SI CONQUISTA."
(omaggio alla Grecia,1959,discorso ad Atene)






Marco Buonarroti

domenica 25 gennaio 2015

ARTE : "LA BELLEZZA NELL'ARTE CLASSICA E RINASCIMENTALE"

LA BELLEZZA NELL'ARTE CLASSICA E NEL RINASCIMENTO ITALIANO (DALL'INIZIO DEL SECOLO XV A TUTTO IL XVI SECOLO)
IL RINASCIMENTO EBBE,INFATTI, COME OBIETTIVO LA RIVALUTAZIONE DELLA CLASSICITA'.



La Venere di Milo, esposta al museo del Louvre,a Parigi
Rinvenuta sull'isola di Milo, a sud-ovest delle Isole Cicladi, ( mare Egeo Grecia) nel 1820.
La statua, in marmo, è una delle più famose opere dell'arte ellenistica (II secolo a,C.),la cui realizzazione è attribuita ad Alessandro di Antiochia in base ad una iscrizione incisa sul basamento,andato perduto.





                          




                   
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Il" David" di Donatello (soprannome di Donato di Niccolò di Betto Bardi,Firenze 1386-1466),scultore del "Primo Rinascimento",figura di fondamentale importanza
     nella storia dell'arte italiana
     Scultura bronzea, realizzata intorno al 1440, conservata nel Museo nazionale del
     Bargello,Firenze






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Il David di Michelangelo Buonarroti, esposto alla Galleria dell'Accademia a Firenze.
Scultura in marmo,realizzata da Michelangelo,tra il 1501 e il 1504




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La "Pietà" di Michelangelo,esposta nella basilica di S.Pietro in Vaticano
(scultura in marmo,realizzata da Michelangelo Buonarroti tra il 1497 e il 1499;
aveva appena 20/22 anni)



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"Perseo",statua in bronzo di Benvenuto Cellini,(1545-1554);la statua era esposta in piazza della Signoria(Firenze),nella Loggia dei Lanzi;attualmente è sottoposta a restauro e si trova in una sala degli "Uffizi".
Benvenuto Cellini (Firenze 1500-1571) fu uno scultore, incisore e orafo fiorentino, tra
i principali esponenti della corrente rinascimentale manierista in Italia e in Europa.




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Il Neo-classicismo di Antonio Canova:

Le "Tre Grazie", gruppo marmoreo (1816),conservato all'Ermitage, San Pietroburgo.





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"Teseo e il Centauro"(1805-1819),opera scultorea esposta al Kunst Historishes Museum di Vienna



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"Paolina Borghese", opera scultorea in marmo (1805-1808), esposta alla Galleria Borghese di Roma


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"Teseo sul Minotauro"(1781-1783),scultura esposta al "Victoria and Albert Museum di Londra"





Potete leggere notizie più dettagliate sul Canova nel post titolato:
Arte/Mostre :"Canova a Firenze-La bellezza e la memoria" ,datato 8 luglio

                                                                                                                        

 .
Marco Buonarroti

PER NON DIMENTICARE :.........( I RAGAZZI DEL VIETNAM )

Per non dimenticare :


BOB DYLAN E LUA SUA CANZONE "BLOWIN' IN THE WIND"



http://www.youtube.com/watch?v=tGO8snK98l0

(Se vuoi ascoltarla clicca sul link qui sopra )

Non sono un pacifista fanatico che strumentalizza il pacifismo per ottenere consensi di matrice politica,credo, infatti, che la pace sia un bene prezioso di tutta l'umanità a prescindere dagli orientamenti politici personali.
Non voglio nemmeno riaprire una vecchia polemica degli anni sessanta,quando il pacifismo era invocato nelle piazze per esprimere il dissenso ideologico nei confronti degli Stati Uniti presi di mira,quali gli unici  responsabili del turbamento della pace nel mondo,giudizio quanto mai superficiale e non rispondente alla realtà come poi  la Storia degli anni successivi ha dimostrato.
La pace è un bene insostituibile,tuttavia la storia dell'umanità sin dagli albori della vita sul nostro pianeta è stata una storia di guerre:"l'uomo-diceva Aristotele-è  un animale
politico",dedito ad acquisire potere e ricchezza e che in nome di ideologie politiche,religiose e razziste,ha sopraffatto altri uomini e altri popoli ragion per cui gli stati emergenti hanno dovuto attrezzarsi per difenderla istituendo propri  eserciti organizzati.
Questo non significa però che bisogna accettare passivamente l'ineluttabilità degli eventi bellici,è necessario quindi levare continuamente grida di dissenso contro ogni sorta di soluzioni delle controversie fra stati e fra comunità che non siano quelle del confronto pacifico e del buon senso.

Nel 1965 mi trovavo negli Stati Uniti e mi capitava di assistere con un certa frequenza e con estrema commozione  alla partenza di tanti giovani americani per il Vietnam,muti e obbedienti, coraggiosi e ricchi di quella stessa convinzione interiore che decenni prima aveva accompagnato altri ragazzi americani in partenza per  i fronti della seconda guerra mondiale sparsi nell'Europa e nel Pacifico.

Ricordo la voce di Bob Dylan che sulle note della sua canzone "Blowin' in the Wind"
diffusa da un vecchio jukebox,ci invitava "a soffiare nel vento" mentre, seduti intorno a un tavolo di un bar sulla spiaggia californiana, sorseggiando una birra, eravamo riuniti per salutare tre nostri amici e colleghi americani che da li a qualche giorno sarebbero partiti per il Vietnam. Eravamo tutti giovani, pieni di speranza ed entusiasmo per il nostro futuro, eravamo allegri ma sentivamo un peso nel cuore, un'ambascia che deliberatamente nascondevamo ,consapevoli che il destino avrebbe potuto impedire di ritrovarci tutti insieme per godere altri momenti di  allegria.

Le strofe di Bob Dylan incalzavano i nostri cuori, l'oceano rumoreggiava riversando sulla riva fragili e spumeggianti marosi, e la birra scorreva copiosa nei nostri palati.
Sopraggiunse il momento dell'addio, ci abbracciammo:"see you soon".
Con le note di Bob Dylan nel cuore ognuno prese la propria strada, forse già segnata dal destino; trascorse il tempo ma non ci incontrammo più; i nomi di Tommy, di William e di George sono scritti nel "Vietnam Veterans Memorial Wall"di Washington DC.

      Marco Buonarroti        (nome e cognome autentici dell'autore del blog)
marco.buonarroti@gmail.com     

                                                  =============



http://www.youtube.com/watch?v=vWwgrjjIMXA

http://www.youtube.com/watch?v=tGO8snK98l0

(Se vuoi ascoltare Blowin in the Wind,clicca sui link.qui sopra)


Versioni in inglese e in italiano:

Blowin In The Wind
Bob Dylan
How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
Yes, 'n' how many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, 'n' how many times must the cannon balls fly
Before they're forever banned?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.

How many times must a man look up
Before he can see the sky?
Yes, 'n' how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, 'n' how many deaths will it take till he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.

How many years can a mountain exist
Before it's washed to the sea?
Yes, 'n' how many years can some people exist
Before they're allowed to be free?
Yes, 'n' how many times can a man turn his head,
Pretending he just doesn't see?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.
Quante strade deve percorrere un uomo
Prima che lo si possa chiamare uomo?
Sì, e quanti mari deve sorvolare una bianca colomba
Prima che possa riposare nella sabbia?
Sì, e quante volte le palle di cannone dovranno volare
Prima che siano per sempre bandite?
La risposta, amico, sta soffiando nel vento
La risposta sta soffiando nel vento

Quante volte un uomo deve guardare verso l'alto
Prima che riesca a vedere il cielo?
Sì, e quante orecchie deve avere un uomo
Prima che possa ascoltare la gente piangere?
Sì, e quante morti ci vorranno perchè egli sappia
Che troppe persone sono morte?
La risposta, amico, sta soffiando nel vento
La risposta sta soffiando nel vento

Quanti anni può esistere una montagna
Prima di essere spazzata fino al mare?
Sì, e quanti anni la gente deve vivere
Prima che possa essere finalmente libera?
Sì, e quante volte un uomo può voltare la testa
Fingendo di non vedere?
La risposta, amico, sta soffiando nel vento
La risposta sta soffiando nel vento
                                                  =================
Bob Dylan,nato a Duluth,Minnesota, nel 1941 è un musicista statunitense.
La canzone Blowin' in fhe Wind,insieme ad altre,è legata nella memoria collettiva ai
movimenti pacifisti degli anni sessanta.Nel 2008 ricevette il premio Pulitzer alla carriera per il profondo impatto delle sue canzoni non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo.

marco buonarroti

.PITTURA :"...UN SAN SEBASTIANO DI ANDREA DEL SARTO..."

Arte: torna alla luce un San Sebastiano di Andrea del Sarto
  
(Adnkronos) - Torna alla luce un San Sebastiano di Andrea del Sarto, una tavola recentemente ritrovata in una collezione privata romana e attribuita dallo storico dell'arte Claudio Strinati al grande pittore fiorentino. L'opera e' al centro del volume 'Andrea del Sarto. Un San Sebastiano ritrovato' (Gangemi Editore).
"E' un dipinto attribuito e non certo -spiega Strinati all'Adnkronos- ma la cosa interessante e' che quest'opera si inserisce in un gruppo di dipinti, tutti simili tra loro, prodotti nella bottega del pittore durante gli ultimi mesi della sua vita, come testimonia lo stesso Vasari".

Il quadro ha complesse vicissitudini storiche, gia' all'inizio del Settecento non si trovava piu' sull'altare maggiore della cappella della Compagnia intitolata al santo che l'aveva commissionato, ma nelle disponibilita' di un tal Filippo De Marchi, contro il quale la stessa Compagnia avvio' una procedura legale per riprendere possesso del quadro. Da quel momento si perdono le tracce. "In realta' -sottolinea Strinati- di questa immagine vennero fatte piu' repliche, com'era usanza dell'epoca, e questa che viene presentata oggi e' una delle piu' belle, insieme con quella detta 'Medici', recuperata dalle Fiamme Gialle alcuni anni fa, che e' la piu' bella.
"Quest'opera pero' -confessa lo storico dell'arte e dirigente generale del Mibac, mi da' lo spunto di scrivere su del Sarto, del quale mi occupo da parecchio tempo. Questo libro costituisce il punto di partenza di una mostra che vorrei organizzare tra qualche anno. Il libro e' un'analisi del pittore fiorentino diversa rispetto a quella condotta dalla storiografia corrente. Dico la mia inquadrando Andrea del Sarto, i cui ultimi anni di vita coincidono con l'inizio del Manierismo, nel momento storico cruciale in cui visse, che a mio parere ha un parallelismo straordinario con il nostro. Oggi viviamo una grande crisi, e io ritengo che questo dovrebbe dare ben presto luogo a grandi mutazioni culturali. Certo -conclude ironicamente Strinati- la crisi dell'epoca diede origine alla riforma protestante, quella nostra invece alla protesta riformante".




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Annotazione:



foto dal web

Andrea del Sarto, soprannome di Andrea d'Agnolo (Firenze 1486-1530), pittore italiano la cui fama è legata principalmente agli affreschi raffiguranti la vita di san Giovanni Battista, presenti nel Chiostro degli Scalzi a Firenze.



marco buonarroti

GEOPOLITICA/STORIA :"L'UCRAINA"

L'Ucraina, è alla ribalta delle cronache odierne per i venti di guerra che soffiano sul suo destino.
Cerchiamo di conoscerla con lo scopo di farci delle opinioni personali sugli eventi che, in questi giorni, mettono a rischio la pace e gli equilibri geopolitici dell'Europa orientale coinvolgendo i rapporti tra Russia e "Occidente".



 Ucraina (nome ufficiale Ukrajina), stato dell’Europa orientale. È delimitato dalla Bielorussia a nord, dalla Russia a nord e a est, dal Mar Nero e dal mar d’Azov a sud, dalla Romania e dalla Moldavia a sud-ovest e da Ungheria, Repubblica Slovacca e Polonia a ovest. Lo stato, con una superficie complessiva di 603.700 km², è il più esteso d’Europa, dopo la Russia. L’estensione costiera è di 2.782 km. La capitale è Kiev.

L’Ucraina è stata Repubblica federata nell’ambito dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS) fino al 1991, anno in cui ottenne l’indipendenza. Dal 1991 è membro associato della Comunità di stati indipendenti (CSI). È compresa nei confini nazionali la Crimea, dal 1921 parte della Federazione russa e dal 1954 incorporata nello stato ucraino; nel 1992, in seguito al manifestarsi di spinte separatiste, le sono state riconosciute ampie autonomie culturali e amministrative.

La lingua ucraina, che utilizza i caratteri dell’alfabeto cirillico, è del ceppo slavo orientale, insieme al russo e al bielorusso. È l’idioma ufficiale dal 1989. Parlati perlopiù dalle rispettive minoranze sono il russo (il più diffuso), l’ungherese e il polacco.

La religione prevalente è quella cristiana ortodossa (67%, che fa capo sia al patriarcato di Mosca, sia a quello di Kiev), seguita da quella cattolica . Sono inoltre presenti ebrei, musulmani (tra la minoranza tatara) e protestanti.

Il sottosuolo dell’Ucraina è ricchissimo di minerali, che rappresentano un enorme potenziale per l’industria. Nelle regioni sudorientali, accanto ai depositi di carbone e antracite del bacino del Donbass, si trovano vasti depositi di minerali ferrosi, mentre nella regione di Mykolayiv sono concentrate le più ricche riserve mondiali di manganese. Sono inoltre presenti discrete quantità di titanio, bauxite, mercurio e salgemma. Per quanto riguarda il petrolio e il gas naturale, le riserve sono invece quasi del tutto esaurite; il paese, che disponeva di oltre un terzo dei depositi di gas naturale dell’URSS, è attualmente costretto a importare dalla Russia gran parte degli idrocarburi necessari al proprio fabbisogno energetico, nonostante la presenza di ingenti quantitativi di carbone e lo sfruttamento dell’energia nucleare – sono attivi 15 reattori (2006).

STORIA 

Dominazione polacca

Nel XIII secolo l’area tra il Dnepr e i Carpazi subì l’invasione dei mongoli, che determinò il declino e poi lo smembramento del principato di Kiev (attuale capitale dell'Ucraina).
Nel corso del XIV secolo, Kiev  e il principato ucraino di Volinia furono conquistati dalla Lituania ma, sul finire del XIV secolo, caddero  sotto il controllo polacco.



Contro le mire espansionistiche della Polonia sulle vaste steppe a est del Dnepr, i cosacchi* animarono una tenace resistenza, culminata nel 1648 in una violenta rivolta. Nel 1654, offrendo protezione ai cosacchi, la Russia avviò la sua penetrazione in Ucraina. Nel 1667, la Polonia cedette definitivamente la regione alla Russia, che stroncò i tentativi (1707-1708) dei cosacchi di sottrarsi al suo dominio.
 In seguito alle prime due spartizioni della Polonia (1722 e 1793), tutta la regione cadde sotto l’autorità russa, a eccezione della Galizia, della Bucovina e della Transcarpazia, incorporate nell’impero austroungarico (1722).

 (*Inizialmente con tale termine furono individuate le popolazioni nomadi tartare (mongole) delle steppe della Russia meridionale.Tuttavia a partire dal XV secolo, il nome fu attribuito a gruppi di slavi, per lo più russi e ucraini.)



                                                                 Cosacchi


                                                                          Cosacco russo



                                                                    Cosacchi

Dominazione russa

 Caterina la Grande** incoraggiò la colonizzazione dell’Ucraina, che divenne il principale bacino agricolo dell’impero. Verso la fine del XIX secolo la regione visse anche un forte sviluppo industriale, il quale, concentrato nelle aree di Kiev e nel bacino del Donez, attrasse molta manodopera russa. Nel 1848, una violenta rivolta scoppiata nei domini austro-ungarici e sconfinata a est ebbe come esito l’abolizione della servitù della gleba e la concessione di una Costituzione. Nella seconda metà del secolo l’Ucraina vide la comparsa, soprattutto nelle città, di un movimento culturale e politico di stampo nazionalista, prontamente represso dalle autorità russe, che nel 1863 e nel 1876 proibirono l’uso della lingua ucraina nelle scuole. Il nazionalismo ucraino poté invece ampiamente svilupparsi nei territori occidentali governati dagli austroungarici, grazie al benevolo atteggiamento delle autorità.
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          Caterina II la Grande (Stettino 1729 - Zarskoje Selo, oggi Puškin 1796), imperatrice di Russia (1762-1796); continuò il processo di occidentalizzazione iniziato dallo zar Pietro il Grande e trasformò il paese in una delle principali potenze europee.
                              
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 Con i profondi sommovimenti determinati dalla prima guerra mondiale, l’Ucraina si ritrovò con un'intensa e complessa stagione politica. Nel novembre del 1917, in seguito alla rivoluzione bolscevica, i nazionalisti ucraini raccolti nella Rada proclamarono una repubblica autonoma con sede a Kiev, guidata da Simon Petlyura. A questa si contrapposero sia un movimento contadino guidato dall’anarchico Nestor Machno, sia un movimento di tendenze bolsceviche, diffuso soprattutto tra gli operai di origini russe; il primo congresso dei soviet dell’Ucraina, celebrato nello stesso mese di novembre a Kharkiv, proclamò a sua volta una repubblica sovietica. Occupata nel 1918 dalle truppe austrotedesche in seguito alla pace di Brest-Litovsk, la regione fu sconvolta per tre anni dallo scontro che oppose le armate bianche ai bolscevichi.


Nel 1918, i territori affrancatisi dal dominio austriaco proclamarono una loro repubblica nella Galizia orientale (1918). Nel 1920, l’avanzata dei bolscevichi nell’Ucraina orientale favorì l’alleanza tra il governo nazionalista di Petlyura, insediato a Kiev, e la Polonia. Nel 1921, con il trattato di Riga, l’Ucraina restò sotto il controllo bolscevico.

Diventata nel 1922 repubblica federata dell’Unione Sovietica, per alcuni anni l’Ucraina godette di una relativa autonomia. Ma i tentativi compiuti dal Michailo Šypnyk di rafforzare la repubblica in senso nazionale, pur nel contesto federativo sovietico, vennero vanificati dai drammatici eventi degli anni Trenta, quando la collettivizzazione dell’agricoltura imposta da Mosca provocò una grave carestia e la morte di alcuni milioni di persone e l’offensiva antinazionalista lanciata da Stalin colpì duramente, oltre che gli intellettuali nazionalisti, i quadri comunisti ucraini.

 Nel 1941,con la seconda guerra mondiale in corso, confidando nella possibilità di costituire una repubblica autonoma sotto la protezione della Germania, i nazionalisti ucraini accolsero favorevolmente le truppe tedesche. La brutalità dell’occupazione nazista, che in Ucraina assunse aspetti profondamente razzisti, indusse tuttavia i nazionalisti a rivolgere le armi contro i tedeschi, conducendo nel contempo una lotta armata contro i sovietici, che sarebbe durata, con sacche di resistenza armata, anche dopo la fine della guerra.

Nel 1944 l’Ucraina ripassò sotto il controllo delle forze sovietiche, che scatenarono una feroce repressione nei confronti della popolazione, accusata collettivamente di collaborazionismo con i nazisti. Dopo la fine del conflitto, alcune zone della Bessarabia e della Bucovina settentrionale rumena furono incorporate al territorio ucraino, con l’aggiunta (1945) della regione rutena della Cecoslovacchia e, nel 1954, della Crimea.

 La restaurazione del potere sovietico in Ucraina si accompagnò a persecuzioni politiche, linguistiche e religiose e a deportazioni di massa. Nella seconda metà degli anni Quaranta, gli ucraini andarono a infoltire le schiere degli internati dei gulag. La russificazione della regione continuò anche dopo la morte di Stalin, ma il nuovo corso aperto a Mosca produsse in Ucraina una parziale apertura politica che si interruppe nel 1968 con la primavera di Praga. Nei due decenni che seguirono, l’Ucraina fu tenuta in condizioni di sostanziale subalternità alla Russia.

Nel 1986, sul paese si abbatté la catastrofe nucleare di Černobyl, i cui deleteri effetti economici e sanitari si sarebbero protratti per molti anni. L’incidente di Černobyl e il contemporaneo processo di riforma avviato a Mosca da Michail Gorbaciov con la perestrojka favorirono un inedito intreccio tra rivendicazioni nazionali, lotta per i diritti civili ed ecologismo, di cui si fecero sostenitori sia i nazionalisti sia i comunisti riformatori. 


Nel 1991, in seguito al collasso del regime sovietico, l’Ucraina proclamò la sua indipendenza, sancita nello stesso anno da un referendum e dalle elezioni presidenziali.

Subito dopo l’indipendenza si manifestarono tensioni tra Russia e Ucraina per il possesso della Crimea. Appoggiata dai russi, nel 1992 la Crimea proclamò l’indipendenza (in seguito ritirata); nel contempo Mosca denunciò l’accordo con il quale nel 1954 la regione era stata concessa all’Ucraina. La questione si appianò nel 1995, quando la Russia rinunciò formalmente a rivendicazioni sulla regione.

Un altro motivo di contrasto russo-ucraino riguardò la flotta del Mar Nero, stazionata nelle acque del porto di Sebastopoli. Nel 1992 i due paesi stabilirono un controllo congiunto sulla flotta fino al raggiungimento di un accordo definitivo. Nel 1994, in un quadro di forte crisi economica, il presidente Kravčuk cedette parte dell’arsenale nucleare ucraino alla Russia, in cambio di combustibile destinato alla produzione di energia.
E questo è quanto si può dire sul passato dell'Ucraina, compatibilmente con lo spazio ragionevole che si può dedicare ad un post, ma credo tuttavia che ci si possa fare un'idea sui rapporti tra Ucraina e Russia.
Nel corso degli ultimi anni fino ad oggi la società di questa nazione è divisa tra chi vuole mantenere e consolidare i legami con la Russia e chi invece vuole fare parte dell'Europa Unita.
Esperti analisti sono dell'opinione che le proteste hanno lo scopo di operare una rottura con la vecchia ossatura sovietica per costruire un futuro di maggiore democrazia e trasparenza in ambito europeo.
Il destino dell'Ucraina è senza dubbio,comunque, visto come l'ultimo scontro tra Stati Uniti e Russia.
(Rif.ti bibliografici Microsoft&Encarta)







marco buonarroti

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Ripropongo la lettura del post datato 10 marzo u.s.di questo blog :


"La voce della Russia"

Kissinger: l’Occidente deve smettere di surrogare la politica con la demonizzazione di Putin

9 marzo 2014, 17:03
Kissinger: l’Occidente deve smettere di surrogare la politica con la demonizzazione di Putin
Foto: RIA Novosti

L’Occidente deve rivedere le sue vedute su Kiev e i suoi rapporti con Mosca. L’Ucraina va considerata dall’Ue e dagli Usa non come campo di contrapposizione con la Russia, ma come un ponte che colleghi Oriente ed Occidente.


Tale opinione ha espresso il veterano della politica estera americana, Premio Nobel Henry Kissinger in un suo articolo pubblicato da The Washington Post.
Troppo spesso il problema ucraino viene presentato come la battaglia decisiva per l’Ucraina: andrà verso Ovest o verso Est? Ma se l’Ucraina vuole sopravvivere e fiorire, essa non si deve trasformare in un avamposto di una delle Parti contro l’altra. Al contrario, deve essere un ponte tra di loro. Il corifeo della diplomazia americana è convinto che Washington dovrebbe adoperarsi per aiutare a superare la spaccatura tra le forze politiche belligeranti in Ucraina invece di demonizzare una di loro.
Kissinger appartiene al novero dei politici che si sono formati e sono abituati ad agire ai tempi della guerra fredda. Ossia alla generazione dei politici caratterizzati da un approccio più ponderato e più responsabile ai rapporti internazionali. Fermo restando che è strettamente legato alla tradizione del realismo politico,- ricorda Fedor Vojtolovsky, responsabile della sezione di politica interna ed estera degli Usa presso l’Istituto dell'Economia Mondiale e delle Relazioni Internazionali (IMEMO).
Henry Kissinger, in sostanza, dice da una posizione del buon senso. Posizione che presuppone la percezione della situazione creatasi in Ucraina come di una crisi sistemica, importante per la sicurezza euro atlantica, per i rapporti tra l’Occidente e la Russia. Qui è necessaria, e lo constatano molti autori americani, una strategia più ponderata.
Secondo Kissinger, l’Occidente sta demonizzando l’immagine di Putin per surrogare una vera e responsabile politica con schemi semplificati. L’Europa e gli Usa non vogliono comprendere che per la Russia l’Ucraina non sarà mai un normale Stato straniero. In tale quadro Kissinger dice con rammarico: La comprensione della storia e della psicologia russa non è mai stata un punto forte dei leader politici americani.
Devono dare prova di una maggiore responsabilità anche gli ucraini stessi. Qualsiasi tentativo di una parte dell’Ucraina di dominare sull’altra, cosa che ormai è diventata norma, col tempo poterà ad una guerra civile o ad una spaccatura del Paese,- avverte Kissinger. Riguardo a ciò, sebbene Kissinger si opponga alla riunificazione della Crimea con la Russia, egli sottolinea che l’autonomia della Penisola dovrà essere allargata. A parte Kissinger ricorda che l’Ucraina non deve far parte della Nato.


STORIA :"LA CRIMEA"

La Crimea









Crimea (ucraino Krym “fossa”), penisola dell’Ucraina sudorientale, situata tra il Mar Nero a ovest, sud e sud-est e il mar d’Azov a nord-est. Dal punto di vista amministrativo costituisce una repubblica autonoma dell’Ucraina. La penisola è collegata con la terraferma a nord dall’angusto istmo di Perekop, mentre a est lo stretto di Kerč, che unisce il Mar Nero e il mar d’Azov, la separa dalla catena del Caucaso.

Nell’antichità la Crimea era chiamata Chersonesus Taurica, dal nome di una popolazione, i tauri, che discendeva dai cimmeri. Fra il VII e il V secolo a.C. i greci di Mileto fondarono numerosi centri sulla costa, riuniti nel 438 a.C. nel regno del Bosforo. Nel 114 a.C. il regno si diede a Mitridate VI, re del Ponto, per riceverne protezione contro la minaccia scita, sopravvivendo, con alterne vicende, anche durante il dominio di Roma sulla regione.


Conquistata dai goti nel 250, la Crimea subì poi una serie di invasioni, che si protrassero per circa un millennio, da parte di unni, cazari, bizantini, greci, kipčiaki. Assoggettata dai tatari nel XIII secolo, costituì un’importante base commerciale tra Occidente e Oriente, in cui forte fu la presenza di genovesi e veneziani. Nel 1475 cadde sotto il controllo degli ottomani.


Nel 1774, con il trattato di Küçük Kaynarca che pose fine al conflitto russo-turco scoppiato nel 1768, la Crimea riconquistò la sua autonomia, ma nel 1783 fu annessa all’impero russo. Dal 1853 al 1856 la regione fu teatro della guerra di Crimea, che contrappose la Russia a una coalizione costituita da ottomani e potenze europee, (leggi il post del 10 marzo u.s.) .


Nel 1921 fu creata la Repubblica autonoma dei tatari di Crimea, una delle entità costituenti la Repubblica socialista federativa sovietica russa ( URSS). Nel 1941 la regione subì l’offensiva delle armate tedesche, che dopo la caduta di Sebastopoli (luglio 1942) occuparono l’intero territorio conservandone il controllo fino alla primavera del 1944. Riconquistata dalle truppe sovietiche, nel febbraio 1945 la Crimea ospitò la conferenza di Jalta. Nello stesso anno fu degradata a oblast (provincia) della Repubblica russa per la collaborazione fornita ai tedeschi dai tatari, che a decine di migliaia vennero puniti con la deportazione in Asia centrale. Nel 1954, in occasione del terzo centenario del trattato di Pereyaslavl con il quale l’Ucraina si era posta sotto la protezione della Russia, la provincia fu donata all’Ucraina. La Crimea diventò in seguito uno dei centri nevralgici del sistema di difesa sovietico, ospitando a Sebastopoli la flotta del Mar Nero, forte di centinaia di navi e sommergibili.(leggi il post del 10 marzo u.s.).





La Crimea ospitò,nella città di Jalta, la storica conferenza a cui presero parte i vincitori della seconda guerra mondiale: Roosevelt, Stalin e Curchill.(Febbraio 1945)

In seguito alla dissoluzione dell’Unione sovietica (1991), il possesso della Crimea e il controllo della flotta del Mar Nero divennero motivi di tensione fra i due nuovi stati indipendenti di Russia e Ucraina. Appoggiata dai russi, nel 1992 la Crimea proclamò l’indipendenza (poi ritirata); nel contempo il Soviet supremo russo denunciò la donazione della regione all’Ucraina del 1954. Alla fine dell’anno Russia e Ucraina raggiunsero una prima intesa sulla flotta, stabilendo un controllo congiunto fino a un accordo definitivo.

Le prime elezioni presidenziali del gennaio 1994 videro la vittoria di Jurij Meškov, sostenitore della riunificazione alla Russia. In seguito al miglioramento delle relazioni con l’Ucraina, nel 1995 la Russia rinunciò formalmente a ogni pretesa sulla regione e nel 1996 il Parlamento di Kiev riconobbe l’autonomia della repubblica di Crimea nell’ambito dello stato ucraino.

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I recenti fatti di questi ultimi giorni riportano alla ribalta della cronaca politico-storica le antiche rivalità, aggravate dalla volontà dell'Ucraina,in piena crisi economica e sociale e  priva di risorse energetiche, di propendere verso l'occidente, modificando gli equilibri geopolitici della regione.


                                               La cittadina di Yalta, sul Mar Nero



                                        Christ Resurrection Church in Crimea



marco buonarroti