martedì 29 marzo 2016

PER NON DIMENTICARE :"ERICH FROMM.... E LA SOCIETA' CONTEMPORANEA"

In nome del progresso, l’uomo sta trasformando il mondo in un luogo fetido e velenoso (e questa è “tutt’altro che” un’immagine simbolica). Sta inquinando l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali… e se stesso, al punto che è legittimo domandarsi se, fra un centinaio d’anni, sarà ancora possibile vivere sulla terra.
(Erich Fromm, uno dei più grandi maestri contemporanei di scienze umane)






Fromm, Erich (Francoforte sul Meno, Germania 23 marzo 1900 - Locarno, Svizzera 18 marzo 1980), psicoanalista statunitense di origine tedesca. Dopo gli studi universitari e la formazione presso l'Istituto psicoanalitico di Berlino, Fromm collaborò con l'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, dove operarono anche Theodor Adorno e Max Horkheimer. Nel 1934, dopo l'avvento del nazismo, emigrò negli Stati Uniti.

Fromm sostenne che l'essere umano è profondamente influenzato dall’ambiente in cui vive, in quanto esiste una stretta correlazione tra personalità e cultura: scopo della psicoanalisi, quindi, è quello di favorire una comprensione critica dei valori della società in cui l'individuo è inserito. Con i suoi studi sull'aggressività e la distruttività umane, Fromm diede anche un notevole contributo all'analisi del comportamento di massa e delle origini del fascismo.

 

La società attuale, secondo Fromm, non facilita la realizzazione delle qualità umane autentiche. Oltre ai bisogni fisiologici, esistono cinque bisogni propriamente umani.
Il bisogno di relazioni, il primo tra questi, esprime l’esigenza essenziale per l’uomo di rapportarsi agli altri.
Il bisogno di trascendenza si riferisce alla tendenza umana ad andare oltre il limite, per realizzare un progetto creativo.
 Il bisogno di radicamento rappresenta il desiderio di far parte del mondo, da cui deriva il sentimento di fratellanza.
Il bisogno di identità induce l’uomo a differenziarsi rispetto al gruppo.
Esiste nell’uomo anche il bisogno di un sistema di orientamento, cioè di un quadro generale di riferimento in cui inserire la propria esperienza.



 
Fromm afferma che una società, com’è quella contemporanea, che non favorisce queste fondamentali aspirazioni dell’essere umano è una società malata. Nell’opera Avere o essere? (1976) mette in evidenza che l’uomo occidentale basa la propria identità sull’avere più che sull’essere, a causa dei falsi bisogni suscitati dal sistema economico. La psicoanalisi deve aiutare l’uomo a riconoscere i suoi bisogni autentici e a svilupparsi esprimendo la propria creatività.

Tra le sue altre opere si ricordano: Fuga dalla libertà (1941), Dalla parte dell'uomo (1947), L'arte di amare (1956), Anatomia della distruttività umana (1973).





Mentre scrivevo questo post su Erich Fromm, riflettevo sull’attualità del suo pensiero che anche, dopo la sua morte, manteneva e acquistava sempre più un carattere straordinariamente profetico alla luce delle trasformazioni politico-economico- sociali, culturali,religiose, determinanti seri, e a volte, pericolosi condizionamenti delle masse tali da ingenerare in esse  livelli di violenza distruttiva verso  altri esseri viventi, umani e animali, contro il proprio habitat, contro cioè il nostro bellissimo pianeta.
Riflettevo anche che quando parliamo di società inglobiamo il concetto di massa che a sua volta è la somma di individui, i quali se svincolati dal tutt’uno società-massa, ritornano a rappresentare il miracoloso frutto della vicenda umana: la vita; l’individuo  riappare ora l’artefice della propria esistenza, e vorrebbe  riappropriarsi delle sue autentiche capacità, delle sue autentiche attitudini, della sua creatività, del suo sapere cogliere sentimenti,  cercando di liberarsi dal giogo soffocante di una società condizionante e oppressiva.



 
 
Le immagini sono state tratte da Wikipedia.
 
marco buonarroti

sabato 26 marzo 2016

RUBRICA PER NON DIMENTICARE.,..".LA FOLLIA E L'EGOISMO...."

PER CONOSCERE E PER NON DIMENTICARE:



La follia e il delirio omicida dell'uomo :











L'egoismo del benessere, l'indifferenza del materialismo umano :







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marco buonarroti

venerdì 18 marzo 2016

IL BLOG DI MARCO BUONARROTI-VT

Il blog di Marco Buonarroti



                                (Immagine del poeta prodigio Arthur Rimbaud)
Care lettrici e cari lettori, se v'interessa leggere questo blog potete accedervi o tramite twitter cliccando sul presente post o tramite Google digitando "Il blog di Marco Buonarroti-VT (Viterbo)"

Una volta entrati nel blog potrete leggere i post che v'interessano consultando l'archivio a destra della pagina.
Grazie per l'attenzione, Marco Buonarroti

P.S.
Ho scritto un sintetico saggio su Arthur Rimbaud ( post del 13 febb. 2015)

sabato 12 marzo 2016

.RUBRICA :"HANNO DETTO/SCRITTO......(AGATA CHRISTIE)

"Un archeologo e' il miglior marito che una donna possa avere: piu' lei diventa  vecchia, piu' lui s'interessa a lei. "





Christie, Agatha (Torquay, Devonshire, 15 sett 1891 - Wallingford, Oxford, 12 genn  1976), scrittrice britannica di romanzi gialli, contraddistinti da intrecci ben congegnati e ricchi di sorprese e dalla presenza di due originali figure di investigatori, Hercule Poirot e Miss Marple. Poirot è in particolare l'eroe della maggior parte delle sue opere, dal primo romanzo Poirot a Styles Court (1920) fino all'ultimo, Sipario (1975), nel quale il protagonista muore.
Dopo un primo matrimonio fallito, Agatha Christie sposò in seconde nozze un noto archeologo inglese e lo seguì costantemente nelle spedizioni in Iraq e in Siria, esperienze alle quali attinse per creare sfondi e atmosfere di alcuni suoi romanzi, come Non c'è più scampo (1930) e Assassinio sul Nilo (1937). Fra gli altri titoli meritano una segnalazione particolare L'assassinio di Roger Ackroyd (1926), Assassinio sull'Orient Express (1935) e Dieci piccoli indiani (1939).
Lavorò con successo anche per il teatro e il suo dramma Trappola per topi è in cartellone a Londra ininterrottamente dal 1952. Con lo pseudonimo di Mary Westmacott scrisse inoltre romanzi sentimentali. Dalle sue trame sono stati tratti numerosissimi film per il grande schermo e per la televisione.


marco buonarroti

..RUBRICA :" HANNO DETTO/SCRITTO......(MAOMETTO)...

“La migliore elemosina è quella che quando la mano destra dà, la sinistra non lo sa.”
(Maometto)






Maometto, nome italianizzato di Muhammad o Mohammed (La Mecca 570 ca. - Medina 632), principale profeta dell’Islam, da talune fonti considerato il fondatore di questa religione, nonostante ciò sia una semplificazione da un punto di vista storico e religioso. In una prospettiva religiosa, l’Islam è per i musulmani monoteismo puro, fede nella dottrina dell’unicità di Dio che Allah ha rivelato all’umanità a partire dalla creazione per mezzo di numerosi profeti; da un punto di vista storico l’Islam, quale noi lo conosciamo, è una religione complessa e non va quindi intesa come opera di un singolo individuo.

marco buonarroti

.RUBRICA :" HANNO DETTO/SCRITTO....(GESU' DI NAZARETH)---"








GESU' DI NAZARETH DISSE:
"Non giudicate, per non essere giudicati; perchè col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
Perchè osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?
Come potrai dire al tuo fratello: permetti  che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita !, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. 
(Matteo, 7)


marco buonarroti

venerdì 11 marzo 2016

.RUBRICA DI STORIA:"ANNIBALE....CONDOTTIERO CARTAGINESE ....RICORDI GIOVANILI.."

Gianni Granzotto, nato a Padova il 12 gennaio 1914 e morto a Roma l'8 marzo 1985, è stato un giornalista e scrittore italiano,autore del libro "Annibale"Ed.Mondadori





Dopo avere svolto, dalla fine della seconda guerra mondiale al 1975, un'intensa e apprezzata attività giornalistica si dedicò a quella di scritttore, scrivendo per la Mondadori :
  
La battaglia di Lepanto. Milano, Mondadori, 1975 
Carlo Magno. Milano, Mondadori, 1978 
Annibale. Milano, Mondadori, 1980 
Maria Teresa, Maria Teresa. Milano, Mondadori, 1982 
Cristoforo Colombo. Milano, Mondadori, 1984 
Vojussa, mia cara. Milano, Mondadori, 1985

ha vinto il Premio Campiello nel 1978 per Carlo Magno
ha vinto il premio Castiglioncello nel 1984 per Cristoforo Colombo.

                                               ======================

( a cura dell'auotore del blog)

Appassionato di Storia Romana ho riletto il libro "Annibale" di Gianni Granzotto,ed.Mondadori, provando un interesse ben più convinto di quanto non avessi provato anni addietro, (diversi anni), nella verde stagione dell'esistenza.

                                                               
 Introduzione:
(non fa parte del libro in questione, essa ha solo lo scopo di rispolverare i ricordi scolastici di storia romana per quanto riguarda esclusivamente il generale cartaginese Annibale, mettendo il lettore nelle condizioni di seguire con più interesse, cosi spero, la lettura delle "riflessioni sul libro di Gianni Granzotto"). 





Annibale (247-183 a.C.), generale cartaginese della famiglia dei Barcidi, figlio di Amilcare Barca. La sua marcia dalla Spagna all’Italia attraverso le Alpi è una delle maggiori imprese della storia militare. A nove anni accompagnò il padre nella spedizione in Spagna, durante la quale, secondo la tradizione, giurò eterno odio nei confronti dei romani. Nel 221 divenne comandante supremo dell'esercito cartaginese in Spagna e proseguì la politica espansionistica dei precedenti comandanti, il padre Amilcare e il cognato Asdrubale, completando la conquista della regione compresa tra i fiumi Tago ed Ebro. L’espugnazione della città di Sagunto (Spagna), alleata di Roma, indusse il senato romano a dichiarare guerra a Cartagine nel 218 a.C..
Annibale, con un esercito di oltre 40.000 uomini e numerosi elefanti, intraprese la spedizione verso l'Italia, attraversando i Pirenei, la Francia meridionale e le Alpi. Giunto in Italia nel 218, nella battaglia del Ticino sconfisse i romani, guidati dal console Publio Cornelio Scipione, padre del futuro Scipione Africano.

Ottenne una seconda e maggiore vittoria presso il fiume Trebbia, nel dicembre 218. L'anno seguente annientò l'esercito del console Caio Flaminio al lago Trasimeno e passò in Apulia; Roma affidò il comando delle operazioni militari a Quinto Fabio Massimo, detto 'il Temporeggiatore' per la sua intelligente strategia di attesa, nel tentativo di logorare le forze cartaginesi evitando lo scontro diretto. Annibale trascorse l'inverno a Gerontium e nel giugno del 216 fece sostare le sue truppe a Canne, dove il 2 agosto l'esercito romano, comandato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Caio Terenzio Varrone, subì una clamorosa sconfitta.

 La situazione si capovolse a favore dei romani quando l'oligarchia cartaginese rifiutò l'invio di rinforzi in Italia: Annibale, pur conseguendo altre vittorie, non fu però in grado di attaccare direttamente Roma e nel tempo perse il sostegno di molte città italiche. Anche il fratello di Annibale, Asdrubale, partito dalla Spagna in suo aiuto, fu sconfitto e ucciso nella battaglia del Metauro (207).

Nel 203 il generale cartaginese fu richiamato in Africa per organizzare la difesa contro la spedizione romana guidata da Publio Cornelio Scipione Africano, ma l’anno seguente fu definitivamente sconfitto a Zama. Dopo la conclusione della guerra, Annibale si occupò di riorganizzare l’amministrazione pubblica cartaginese ma, accusato dai romani di costituire una minaccia per la pace raggiunta, si stabilì presso la corte di Antioco III di Siria, con il quale si alleò in funzione antiromana. In seguito alla sconfitta subita da Antioco nel 190 a Magnesia, Annibale si rifugiò in Bitinia, dove si avvelenò per non essere consegnato ai romani.
(Rif.Bibl."Enciclopedia Encarta-Microsoft)









Riflessioni personali sul libro "Annibale"

Il libro, secondo la mia opinione, si può dividere in due parti : l'una che svolge la narrazione delle vicende di Annibale mentre, nella Spagna meridionale, cresce e matura sotto la premurosa guida del padre Amilcare Barca, al cui modello di uomo e di condottiero egli s'ispira; qui prepara l'epica spedizione che, attraverso il leggendario passaggio delle Alpi, lo porterà in Italia, dove finalmente potrà dare forma concreta al sogno di vendetta contro i Romani che avevano vinto la prima guerra contro Cartagine anni addietro.(264-241)

Inizia cosi, in territorio italiano, la seconda parte che vede Annibale compromettere seriamente e drammaticamente il primato militare di una Roma ridotta al panico, evocante i funesti ricordi del "sacco dei Galli", tramandati da padre in figlio quali ammaestramento storico a evitare il ripetersi del lutto e dell'onta subita.

L'autore nella prima parte accosta il lettore a Cartagine, ad Amilcare, ad Annibale giovinetto, in un approccio via via crescente tanto da trasformarsi in un saldo legame d'amicizia, sentimento questo che durerà per tutta la durata della vicenda umana e militare di Annibale in Italia e fino alla sua morte.

Si tratta, cioè, di rivivere gli avvenimenti di quella storia, dal 218 al 202 a.C., dalla parte cartaginese, seguendo Annibale, come fecero i cronisti al suo seguito Sosilo di Sparta e Silèno siciliano di Calatte, dividendo con lui i momenti di gloria, di sofferenze, partecipando alla sua solitudine che è si lontananza dalla patria, ma è anche dimensione interiore nella quale egli stesso si relegò da quando, ancora giovinetto, giurò solennemente al dio Baal, in presenza del padre, odio eterno per Roma; ma noi che, a differenza di Sosilo e di Sileno, conosciamo già i fatti di quella storia per averli vissuti sui banchi di scuola da parte romana, per avere trepidato per le sorti di Roma e dell'Italia, possiamo ora capire le motivazioni di Annibale e la sua carica umana misurata dalla consapevolezza di essersi fatto carico di riscattare le sorti della sua Cartagine, anche se questa non lo appoggiò come lui avrebbe voluto.
L'autore ci invita a riflettere :pesava, infatti, su Cartagine la sconfitta della prima guerra combattuta contro Roma dal 264 al 241, dalla quale era uscita depauperata, prostrata e umiliata.Perduto il suo antico prestigio di potenza mediterranea, rimasta senza la flotta con cui aveva perpetuato l'avita vocazione marinara, doveva ora pensare alla ricostruzione, a riguadagnare le posizioni commerciali e mercantili perdute, ma nel segno tradizionale della pace, bisognava dimenticare la rivalità con Roma, bisognava muoversi su nuove direzioni d'espansione coloniale che non fossero in rotta di collisione con quelle romane; questi erano i punti essenziali della politica proposta dai "pacifisti", guidati da Annone, i quali rappresentevano la maggioranza della classe dirigente e della popolazione; ma faceva,altresi, sentire il suo peso la fazione degli "oltranzisti", facenti capo all'orgoglioso Amilcare Barca, il quale non voleva sentire parlare di pace, di definitiva e scontata supremazia di Roma nel Mediterraneo ; bisognava si riprendere fiato, aggiustare i guasti economici e sociali subiti, ma tutto ciò in previsione della riapertura delle ostilità contro Roma, non appena le condizioni militari lo avessero permesso,allo scopo di riprendersi la rivincita,tanto più che Roma, diceva Amilcare, non è imbattibile.

Aveva ventisei anni Annibale quando, nell'autunno del 218 a.C., giunto con il suo esercito al confine italico, si accingeva a valicare le alpi per "piombare"nella pianura padana dando avvio a quella campagna militare che tanti esiziali effetti avrebbe prodotto sul futuro della repubblica romana e non solo quelli che sarebbero sorti nell'immediatezza del bilancio bellico delle diverse battaglie, ma anche e soprattutto quelli le cui conseguenze si sarebbero manifestate più tardi, a vicenda ultimata, e che lo storico Arnold Toynbee (1889-1975) descrive nel libro "The Hannibal's legacy".

                                                 Il tracciato dell'invasione di Annibale


                                                        Il passaggio delle Alpi

Il testo è scorrevole per l'efficacia descrittiva, talvolta  dai toni romanzati, che trasporta il lettore nella realtà storica dell'argomento trattato senza troppi sforzi intelletivi e mnemonici; i dosati riferimenti cronologici legati ai momenti cruciali; i riferimenti etnografici relativi alle popolazioni indigene iberiche, ma soprattutto quelli delle tribù galliche dell'Italia settentrionale, che tanta parte ebbero nell'impresa annibalica e che furono operatrici di storia romana prima e dopo Annibale; i riferimenti storiografici antichi e moderni; la geografia dell'Italia, integrata da cartine topografiche; i cenni politici e sociali di quella Roma del III secolo a.C., sul cui sfondo si muovono i personaggi consolari che si avvicendarono nello scenario bellico, producendo la storia della "polis"; tutto ciò fornisce al lettore e studente il quadro completo, per lo meno cosi ritengo, nel quale si sviluppano le imprese di Annibale.



La questione del valico alpino scelto da Annibale, rimasto ignoto fino ad oggi, oggetto di dispute fra accademici e non, tutti appassionati, come scrive l'autore, a ricostruire il cammino del generale sulla scorta dei resoconti di Polibio e di Livio, dà la misura dell'interesse che suscita il testo in esame, mentre le conclusioni che ne fornisce l'autore pongono, ancora una volta, in risalto le linee fondamentali cui s'informa lo svolgimento della narrazione, quelle cioè di evidenziare la carica umana dei protagonisti;... "la grandezza di Annibale non sta nell'avere scavalcato i monti da questo o da quel valico. Si sa che voleva passare le Alpi e le passò. Si sa che voleva arrivare in Italia ed arrrivò ....Successo di volontà e lucida prova di vigore morale".Cosi commenta l'autore nel chiudere la descrizione del passaggio alpino.

 In Italia passa, nei primi anni, da una vittoria all'altra rendendo tristemente famosi quei luoghi che fecero da teatro alle sue battaglie, ai suoi assedi, ai suoi saccheggi e che furono testimoni dei pesanti e luttuosi bilanci di vite umane.







 Ripercorrendo le pagine descrittive di quelle violente e sventurate azioni vediamo Annibale assaporare le prime gioie della vendetta, ormai probabilmente sicuro di essere quanto mai vicino alla conclusione della sua avventura, ma la nostra mente già precorre verso le pagine dei suoi ultimi mesi in Italia, nelle quali leggiamo ciò che Livio, il suo più grande detrattore scrive: ".....ridotto in quell'angolo di terra (Calabria) come una bestia braccata, ma sempre indomito e senza paura".
Vi leggiamo,inoltre, dell'autore :".....trascorse tutta la sua giovinezza in Italia dove apparve a 29 anni e da dove parti a 44 anni". Avvertiamo la misura del dramma che dovette vivere Annibale durante gli anni successivi a quei primi successi costretto, di volta in volta da una realtà sempre più lontana dalle iniziali aspettative, a rimandare sempre il risultato conclusivo; leggiamo infatti : "....si trovava sempre di fronte a nuove forze e nuovi avversari. La vittoria nel senso decisivo e finale del termine rimaneva qualcosa di inafferrabile".Ma si trattò di un dramma durato la bellezza di quindici anni, un tempo che non può non fare riflettere sulla grandezza morale di questo personaggio, per il quale non si può non provare un sentimento di sincera pietà,allorchè, giunto all'epilogo dell'avventura italiana, nelle primavera del 203 a.C., partendo da Crotone : "....si allontanava dall'Italia, lasciava il teatro della sua guerra, della sua vita stessa.







Era arrivato in Val Padana a 29 anni, partiva ora dalle coste calabresi che ne aveva 44. Aveva speso in Italia la gioventù, la speranza, il vigore......rimirò a lungo la costa.......i segni della sua avventura che scomparivano all'orizzonte. Addio Italia ". (dal testo)

Paradossalmente fu Canne, come si apprende leggendo l'interpretazione dell'autore, a segnare il fatale destino che mise Annibale, da allora in poi, nelle condizioni di non potere mai afferrare una vittoria finale, come anni addietro era accaduto a Pirro.


 Canne, era un'antica città dell Puglia sulla riva destra dell'Ofanto a pochi chilometri dal mare



 Lo schieramento iniziale della battaglia : azzurro per le legioni romane, verde per le forze di Annibale.
L'esercito romano fu accerchiato e distrutto, l'azione inizia con il movimento della cavalleria di Annibale, (sul suo fianco sinistro, vedi freccia verde), che riuscirà nel corso della battaglia a superare  il centro dello schieramento romano per accerchiarlo in senso orario e chiuderlo in una morsa mortale.  


 Se è vero che Canne fu per il cartaginese la più strepitosa delle vittorie, se è vero che essa gli valse l'alleanza di nuove comunità dell'Apulia, del Sannio, del Bruzio, migliorando ulteriormente e sensibilmente la sua posizione strategica, è altrettanto vero che quella battaglia ebbe per Roma un preciso significato : rinnovare totalmente i criteri di conduzione della guerra, ridestare le proprie forze morali, ricostruire un nuovo spirito di suprema collaborazione fra tutte le parti sociali, riorganizzare le forze combattenti chiamandole a sostenere un ostinato sforzo di sacrifcio e di dedizione per la salvezza della patria.
Intorno a Roma si strinsero gli alleati italici rimasti fedeli che,contrariamente alle previsioni di Annibale, costituirono la maggioranza delle popolazioni e municipalità della penisola.
"Quello che Roma fu capace ..resta oggetto di grande ammirazione.Roma come potenza mondiale nacque sulla rovina di Canne".
Di fatto ora erano in lotta da una parte l'eccezionale capacità di un uomo, dalla'altra la forza di una nazione.

L'autore, ormai giunto alle ultime pagine, svolge un'analisi delle possibili cause che determinarono quella "inafferrabilità dell vittoria", senza tralasciare gli aspetti umani legati alla personalità di Annibale ; aspetti che in certa misura, forse, contribuirono al fallimentare epilogo della vicenda: la passione, l'odio implacabile dovettero dare all'azione complessiva del cartaginese un orientamento più sentimentale che politico.
Ma si tratta dell'opinione dell'autore del libro che si preoccupa di essere considerato un eretico, per averla espressa, da chi "ha scienza di storia"; un'opinione, peraltro, inserita fra tutte le altre che egli espone attenendosi strettamente ai fatti storici noti e fornendo spunti di riflessione per un ulteriore approfondimento. 

marco buonarroti      (miei nome e cognome autentici)


Le immagini sono state tratte da "Wikipedia"

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                                                                                                  marco buonarroti

RUBRICA ;"NOBEL ITALIANI DA RICORDARE ....(MODIGLIANI)...."

IL PREMIO NOBEL PER L'ECONOMIA 1985, FU ASSEGNATO A FRANCO MODIGLIANI



Modigliani, Franco (Roma 1918 – Cambridge, Massachusetts 2003), economista italiano naturalizzato statunitense. Nato in una famiglia della borghesia ebraica, si laureò in legge a Roma, iniziando presto a interessarsi di economia. Nel 1938, dopo l’emanazione delle leggi razziali da parte del governo fascista, emigrò con la moglie, negli Stati Uniti, a New York, dove si stabilì nel 1939. Iniziò la carriera universitaria nel 1942, al New Jersey College, trasferendosi nel 1948 alla University of Illinois a Chicago; nel 1962 divenne professore di economia e finanza al Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove rimase per il resto della vita.

Celebre per aver sviluppato una sintesi dell'economia keynesiana  e dell'analisi neoclassica, Modigliani venne insignito nel 1985 del premio Nobel per l'economia. Fu inoltre consulente per il Tesoro americano e per il Federal Reserve System.


marco buonarroti

mercoledì 9 marzo 2016

.I DIRITTI CIVILI:"LA CANZONE WE SHALL OVERCOME CANTATA DA PETE SEEGER "

a cura di Marco Buonarroti     (autore del blog)

Musica :Canzone  "WE SHALL OVERCOME",cantata da Pete Seeger

https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=QhnPVP23rzo

(per ascoltarla cliccate sul link qui sopra)






                                                                       Pete Seeger


Si tratta di una canzone americana, le cui origini "gospel" risalgono, forse , al 1903.
A Charleston, South Carolina, nel 1946 i dipendenti dell'American Tobacco Company in sciopero, per lo più donne afroamericane, stavano cantando degli inni ,quando una donna di nome Lucille Simmons cantò una versione della canzone cambiando il testo in "We'll Overcome"che poi fu ulteriormente cambiato in "We shall overcome da Pete Seeger, cantante e compositore,il quale aggiunse alcuni versi.
Divenne,negli Stati Uniti, un inno dei sindacati afroamericani e dell'attivismo per i diritti civili.
La versione galiziana è stata l'inno del movimento studentesco contro la dittatura all'Università di Santiago di Compostella negli anni 1967/68.
La canzone fu poi diffusa in Sudafrica durante gli ultimi anni del movimento anti-apartheid.
Essa nel corso degli anni è divenuta quindi il simbolo della lotta per i diritti civili in tutto il mondo.
La musica è di Richard Strauss.







                                                         Irlanda del Nord, ottobre 1968

TRADUZIONE :

“Avremo ragione di tutto questo
avremo ragione di tutto questo
avremo ragione di tutto questo un giorno
qui nel mio cuore, io credo profondamente
che avremo ragione di tutto questo un giorno

Cammineremo mano nella mano
cammineremo mano nella mano
cammineremo mano nella mano un giorno
qui nel mio cuore, io credo profondamente
che cammineremo mano nella mano

Vivremo in pace
vivremo in pace
vivremo in pace un giorno
qui nel mio cuore, io credo profondamente
che vivremo in pace un giorno

Noi non abbiamo paura
noi non abbiamo paura
avremo ragione di tutto questo un giorno
sì, qui nel mio cuore, io credo profondamente
che avremo ragione di tutto questo un giorno

Avremo ragione di tutto questo
avremo ragione di tutto questo
avremo ragione di tutto questo un giorno
qui nel mio cuore, io credo profondamente
che avremo ragione di tutto questo un giorno
avremo ragione di tutto questo un giorno”.

(Versione a cura di Arturo Bandini)

                                                     ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

"We shall overcome"nel cinema :

We Shall Overcome è un film danese del 2006 basato su una storia vera.
È la lotta del giovane Frits e della sua famiglia, contro un preside dittatoriale, bigotto e violento. La storia ha luogo nella campagna danese del 1969. La Danimarca e il resto del mondo stanno evolvendo rapidamente, ma il preside non vuole rendersene conto. Frits trascorre le sue vacanze estive a guardare i programmi della prima televisione acquistata dalla famiglia ed è influenzato dal movimento americano per i diritti civili di Martin Luther King, i cui discorsi e sogni di una vita migliore gli danno coraggio e fanno nascere in lui il desiderio di ribellarsi..............(da Wikipedia )


                                                                   Il giovane Frits













marco buonarroti

martedì 8 marzo 2016

PITTURA :" EUGENE DELACROIX ....A LONDRA.."



Una mostra del pittore Eugene Delacroix a Londra !
Si tratta di un importante tributo all'opera del pittore francese, autorevole rappresentante del romanticismo nell'arte.
La mostra dal titolo " Delacroix and Rise of Modern Art " si tiene presso la National Gallery di Londra dal 17 febbraio al 22 maggio 2916.


                                                      Eugene Delacroix
 

Delacroix, Eugène (Charenton-Saint-Maurice 1798 - Parigi 1863), pittore francese, tra i maggiori esponenti del romanticismo. Allievo di Pierre Guérin, fu educato sugli esempi neoclassici di Jacques-Louis David, anche se più rilevante nella sua formazione fu l’influenza dei maestri del colore del XVI e XVII secolo, come Paolo Veronese e Pieter Paul Rubens.

Delacroix, che già nel 1822 aveva esposto un dipinto, La barca di Dante, al Salon (l’esposizione ufficiale di pittura) di Parigi, si impose all’attenzione del pubblico con il dipinto Il massacro di Scio (1823-1825, Louvre), che ritrae un episodio sanguinoso della guerra di liberazione dei greci dalla dominazione turca. L’opera suscitò un forte scalpore e indignò gli esponenti del neoclassicismo , ma divenne il manifesto della nuova pittura romantica.
 
 
                                                      La barca di Dante
 
 
 L’incontro, durante un viaggio in Inghilterra nel 1825, con le opere dei pittori inglesi, in particolare di Joshua Reynolds, John Constable (vedi post del 21 dic.2015 su John Constable ) e Richard Parkes Bonington, influenzò le sue ricerche sulla vibrazione cromatica (la luce è costituita da vibrazioni elettromagnetiche.......), che si concretizzarono nella Morte di Sardanapalo (1827, Louvre), la cui audacia suscitò un nuovo scandalo.


                             La morte di Sardanapalo (re di Assiria, VII sec. aC)

 

L’opera più apertamente romantica di Delacroix, e forse quella che maggiormente influì sull’arte dei decenni successivi, è La libertà che guida il popolo (1830, Louvre), celebrazione semiallegorica dell’idea di libertà. La tela riprende un momento della storia francese recente, le “tre gloriose giornate di Parigi” (27, 28 e 29 luglio 1830), durante le quali un’insurrezione popolare destituì il re Carlo X. Nonostante il tono solenne della rappresentazione, enfatizzato dalla composizione piramidale, e la presenza di particolari derivati dal repertorio accademico (la figura seminuda dell’uomo ucciso sulla sinistra), mai prima d’ora Delacroix aveva spinto a tanto la tendenza realistica nella sua pittura, sortendo risultati giudicati scandalosi dalla critica del tempo.


                                            La libertà che guida il popolo


Fondamentale per il successivo sviluppo dell’arte di Delacroix fu il viaggio in Marocco, nel 1832, che accentuò la particolare sensibilità per i colori e gli effetti luministici, di cui il pittore aveva già dato prova nelle precedenti opere, e che ispirò numerose tele a soggetto maghrebino. Tra gli oltre cento dipinti, schizzi e acquerelli, spicca l’olio Le donne d’Algeri (1834, Louvre, Parigi), inno all’opulenza di quel mondo magico e sensuale che rappresenta forse più un luogo dell’anima che una realtà.



                                                      Le donne d'Algeri



Tra le altre opere di Delacroix si ricordano le decorazioni di Palazzo Bourbon (1833-1842, Parigi) nel salone del sovrano e nella biblioteca e le illustrazioni di alcune opere di Shakespeare, Walter Scott e Goethe. Il pittore lasciò anche un Diario nel quale, rivelando un considerevole talento letterario, argomentò le sue idee sull’arte, la politica e la vita.

Le immagini sono state tratte da Wikipedia

marco bunarroti

lunedì 7 marzo 2016

.CITAZIONE

Citazione :

"Chi è amico di tutti non è amico di nessuno."


Questa frase è spesso attribuita ad Arthur Schopenhauer e non solo sul web, ma anche in diversi libri (si veda ad esempio: Guido AlmansiIl filosofo portatile, 1991). Ora, seppure non si può escludere che la frase si trovi in qualche scritto di Schopenhauer, si tratta comunque della citazione di un vecchio proverbio: "Amico di tutti, amico di nessuno", già pubblicato nel 1732 (quando Schopenhauer doveva ancora nascere) nella celebre raccolta di proverbi di Thomas Fuller:
-Gnomologia: Adagies and Proverbs- "He's a Friend to none, that is a Friend to all" (Chi è amico di tutti è amico di nessuno); e anche: "A Friend to all, is a Friend to none" (Un amico di tutti, è un amico di nessuno).


marco buonarroti

RUBRICA:"PER NON DIMENTICARE ..SPORT CONTRO L'AMBIENTE.."

Questo nostro povero pianeta !

Uno sport dannoso per l'ambiente : "Il Golf"




Leggo a pag.29 del volume "Cinquanta vacanze orrende- Storie di viaggi infernali"di Dan Kieran, editore Einaudi : 
"Il GAGM (Global Anti Golf Movement) si occupa di combattere il golf.
Non perchè i giocatori di golf siano arroganti, maleducati, seguano regole ridicole per i cappelli, e si comportino in modo insopportabile, bensi perchè la creazione di sempre nuovi campi da golf ha effetti devastanti per l'ambiente.

Secondo i dati della "Defense of Nature and Environment"un campo da golf in Spagna consuma in dieci ore quanto 8649 persone in un giorno.
In Australia è in costruzione un campo da golf nel deserto ( oggi presumibilmente ultimato rispetto alla data di questo articolo, ndr), che consumerà un milione di metri cubi di acqua all'anno.

L'acqua potabile è una delle risorse più preziose del nostro pianeta.
Un miliardo di persone oggi non ha accesso all'acqua potabile e si stima che muoia un bambino ogni quindici secondi a causa di mancanza d'acqua o di medicine.


                                                   foto tratta da Wikipedia

E' per questa ragione che i campi da golf sono diventati un simbolo dello sfruttamento e dello spreco di risorse del mondo occidentale. Non sono molto amati, ed è del tutto comprensibile, anche da coloro che per far posto ai campi vengono sradicati dalla propria terra.
Alle Hawaii sono sorti campi da golf in alcune parti più belle dell'isola, e uno di questi ha richiesto la distruzione di un cimitero considerato sacro dagli indigeni.
In Messico un uomo che si opponeva alla costruzione di un campo da golf è stato ucciso, tre sono finiti in prigione e altri undici arrestati perchè contestavano la costruzione di un complesso turistico con un campo da golf a diciotto buche e un hotel a cinque stelle con parco e pista di atterraggio per gli elicotteri.
Nelle Filippine 10.000 agricoltori sono stati trasferiti a forza dalle loro case per fare posto a un campo da golf : nel movimento di protesta seguito all'esproprio due di questi sono morti, uccisi dall'esercito".


                                               foto tratta da Wikipedia


marco buonarroti

domenica 6 marzo 2016

.LETTERATURA : "GABRIELE D'ANNUNZIO ..."

Il mese di marzo ci ricorda Gabriele D'Annunzio, nato a Pescara il 12 marzo del 1863 e morto a Gardone Riviera il 1 marzo del 1938






D’Annunzio, Gabriele (Pescara 1863 - Gardone Riviera, Brescia 1938), scrittore italiano. Frequentò a Prato il prestigioso Collegio Cicognani; giovanissimo, esordì con la raccolta di poesie Primo vere (1879), ben accolta dalla critica: finito il liceo giunse perciò a Roma preceduto da una certa notorietà negli ambienti culturali.
Grazie a Edoardo Scarfoglio frequentò il mondo del giornalismo e fece vita di società, collaborando a varie testate (dal “Fanfulla della Domenica” alla “Cronaca bizantina”, alla “Tribuna”). Come cronista mondano fu molto apprezzato dal pubblico, e la sua popolarità crebbe ulteriormente quando venne pubblicato il secondo libro di poesie, Canto novo (1882), arricchendo il linguaggio carducciano di una luminosa vitalità.

Nel 1883 apparve Intermezzo di rime, attorno al quale si accese una polemica  per i temi trattati, giudicati scandalosi. Un sensualismo e un erotismo che accosta figure squisite a immagini deformi e corrotte, con le Elegie romane (1892) D’Annunzio si riaccostò ai modelli classicisti di Carducci.

Del 1893 è il Poema paradisiaco, che mostra toni ulteriormente smorzati e, con una più decisa apertura alle moderne esperienze europee, accoglie le suggestioni del simbolismo.(Leggi il post del 23 dicembre 2015 dal titolo ..Il giovane poeta Arthur Rimbaud, dove si accenna al simbolismo)

Intanto D’Annunzio aveva dato avvio alla produzione in prosa. I racconti di questo periodo furono pubblicati in seguito con il titolo Novelle della Pescara (1902), un libro che ricalca elementi del verismo italiano . Nel 1889 fu pubblicato il romanzo Il piacere: protagonista ne è Andrea Sperelli, un giovane aristocratico che ama l’eleganza e l’arte; il suo estetismo lo porta a trascurare la vita pratica a favore di un’egoistica e distruttiva idealizzazione dell’amore e della vita sotto il segno del Bello, e così travolge non solo le sue amanti ma anche se stesso.

D’Annunzio cercò di trasferire il suo gusto estetizzante anche nella vita, coltivando l’eleganza e indulgendo al gesto clamoroso. Si sposò molto giovane, dopo una fuga d’amore, ed ebbe una vita sentimentale intensissima, costellata di numerose amanti. Adorava circondarsi di raffinate opere d’arte e conduceva una vita dispendiosa che lo portò a indebitarsi. Proprio per sfuggire ai debiti si trasferì nel 1891 a Napoli, dove rimase fino al 1894 mantenendosi soprattutto grazie alla collaborazione con il quotidiano della città, “Il Mattino”.

Scrisse il racconto Giovanni Episcopo (1891) e  il romanzo L’innocente (1892)[ da quest’opera il regista Luchino Visconti trasse un film nel 1976]  dove è evidente l’influenza di Tolstoj e di Dostoevskij, mentre nelle Vergini delle rocce (1895) il riferimento ideologico è al filosofo Friedrich Nietzsche, anche se in D’Annunzio la figura del superuomo ebbe, soprattutto, una funzione estetizzante.

Le raccolte poetiche maggiori sono del 1903-1904: con i primi tre libri (Maia, Elettra, Alcyone) delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi si sarebbero misurati i poeti italiani delle successive generazioni. Soprattutto nel primo libro D’Annunzio, recuperando il mito greco, si autocelebra “poeta vate”, eroe mistico della rinascita dell’umanità, mentre con Alcyone, al quale appartengono le famosissime liriche La sera fiesolana e La pioggia nel pineto, viene ripreso il tema, già preannunciato nel Canto novo, dell’immedesimazione panica del poeta con la natura.

Da Alcyone riporto, non senza un cenno commozione difronte alla bellezza  dei versi dai quali emerge chiara la simbiosi tra natura e uomo, la visione panica della natura che ha il poeta (leggi "Arthur Rimbaud",post del 23 dic,2015 ),   la celebre lirica "La pioggia nel pineto"

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.




Nel 1910, quando i creditori riuscirono a sequestrargli la villa e gli arredi, D’Annunzio emigrò in  esilio in Francia, dove continuò a scrivere. Visse a Parigi quattro anni. Sin dalla fine dell’Ottocento aveva registrato appunti e ricordi, costituendo così la base per le prose raccolte nelle Faville del maglio (1928), la prima delle quali fu stampata sul “Corriere della Sera” nel 1911. In esse si esprime una vena memorialistica che culminerà nel Notturno (ultimato nel 1921), opera di uno scrittore non più “magnifico” ma ripiegato su se stesso, alla quale sarebbero seguite, nel 1935, le Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto.
 
Tornato in Italia nel 1915, tenne altisonanti e violenti discorsi a favore dell’intervento in guerra e si impegnò personalmente in ardite azioni belliche. Dal 1921 alla morte visse a Gardone Riviera, sul lago di Garda, a villa Cargnacco, trasformata progressivamente nel Vittoriale degli Italiani, una sorta di monumento a se stesso e a futura memoria: il luogo più elevato del parco ospita infatti il mausoleo che lo scrittore fece edificare per farvi riporre le proprie spoglie.

In Italia, dove D’Annunzio fu celebrato come eroe e artista nazionale dal regime fascista, venne realizzata un’imponente edizione nazionale delle sue opere (42 volumi); nel 1937, già famoso anche all’estero, fu nominato presidente dell’Accademia d’Italia.

Nell’opera di D’Annunzio la vita dell’autore e la letteratura non solo si rispecchiano, ma l’esistenza privata diventa spettacolo per il pubblico, attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore italiano precedente e contemporaneo. In questo modo si spiega l’apparente paradosso per cui lo scrittore più popolare del tempo fu un artista aristocratico ed esclusivista. Un artista “inimitabile” anche grazie a gesta clamorose e avventurose, come la Beffa di Buccari (un’incursione di MAS nella baia di Buccari, nel corso della quale D’Annunzio lanciò bottiglie che contenevano messaggi di scherno) e l’impresa di Fiume.

Del resto, la modernità della sua sensibilità è provata da altri fatti: non solo D’Annunzio fu tra i primi a interessarsi di cinema, ma molti si rivolsero a lui per battezzare prodotti commerciali (la penna Aurora o il liquore Aurum), grandi magazzini (La Rinascente), fatti, questi, che denotano una precoce sensibilità “pubblicitaria”.

Il "Poeta" e il suo impegno civile e patriottico :





La guerra di Libia del 1911 detta al poeta motivi eroici e patriottici che sfociano ne Le canzoni della gesta d'oltremare
Allo scoppio della prima guerra mondiale, egli vi partecipò con la parola, gli scritti e l'azione. Il clima bellico divenne ora congeniale a mettere in atto le sue tendenze di "magnifico venturiero", conciliando il mutuo rapporto tra arte e vita.
Da combattente fu artefice di pericolose azioni meritandosi, tra l'altro, una medaglia d'oro.
Ricordiamo gli arditi voli di bombardamento su Pola, la " beffa di Buccari"*, e l'impresa di Cattaro in Dalmazia.**

E ancora, dopo la riscossa italiana sul Piave, il volo su Vienna*** e l'impresa di Fiume**** di cui tenne la reggenza fino al gennaio del 1921, quando consegnò la città alle truppe inviate dal governo italiano.
Quindi si ritirò a Gardone Riviera, presso il lago di Garda, nella villa che chiamò poi "il Vittoriale".
[....Qui, chiusa  la parentesi guerriera,  ritrovò in sé quella fonda zona di solitudine e di silenzio che sempre, sotto  tanto rumore, era stata la sua vera vita.
Ad essa egli tornava con animo uguale, sebbene ormai sotto il peso della turpe vecchiezza.
E forse nell'avvertimento dell'inesorabile decadere della potenza fisica può cogliersi la poesia più umana e sincera del D'Annunzio.
Che cosa è infine la vita se non una magnifica vicenda che dalla luce rientra a poco a poco nelle tenebre. E cosi aveva cantato il poeta nel Notturno, dal suo lettino d'infermo dopo la ferita per un incidente di volo che gli toglieva l'uso dell'occhio destro : "Bellezza della notte, quante volte t'ho perduta! Di vedere, di guardare, di conoscere ero avido sempre, insaziabile ero sempre. Eppure, o mie pupille erranti, non avete veduto abbastanza, non avete potuto accogliere in voi tutte le facce della deità manifesta. E una di voi è già spenta, e l'altra s'intorbida e si affatica e forse è destinata ad oscurarsi". 
Nel silenzio remoto del Vittoriale egli lavorò fino all'ultimo, attendendo la morte al suo tavolo operoso, dove essa lo colse improvvisa nel 1938.... (dal volume " Cento scrittori- Autore : Giacomo Spadafora- Editore :Palumbo- pag.380)]
 
 
Note : 
 
* la beffa di Buccari : si trattò di un'incursione navale da parte di MAS, potenti motoscafi anti sommergibili della Regia Marina Italiana, contro unità della flotta austro-ungarica alla fonda nella baia di Buccari (Croazia, costa adriatica), nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918,durante la prima guerra mondiale.
 
 
 
 

                       Gabriele D'annunzio tra due ufficiali della Regia Marina
 
 
                                                     °°°°°°°°°°°°°°°°
 
** L'impresa di Cattaro : si trattò ora di un'incursione aerea condotta da aerei italiani, biplani Caproni, che bombardarono la flotta austro-ungarica ormeggiata alle Bocche di Cattaro nel Montenegro, nella notte tra il 4 e 5 ottobre del 1917,durante la prima guerra mondiale.
La missione causò la distruzione della flotta austriaca. D'Annunzio fu promosso maggiore per meriti di guerra.
 
 
 
                                                   °°°°°°°°°°°°°°°°
 
***Il volo su Vienna :fu una trasvolata compiuta da 11 aerei italiani, Ansaldo S.V.A., al comando del maggiore Gabriele D'Annunzio, avente lo scopo di volare nel cielo di Vienna a soli scopi politico-dimostrativi. L'impresa riusci in pieno, furono lanciati sulla capitale austriaca volantini con il seguente testo :
  
VIENNESI!
Imparate a conoscere gli italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne.
Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni.

VIENNESI!

Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s'è volto contro di voi.
Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandola.
POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati!
VIVA LA LIBERTÀ!
VIVA L'ITALIA!
VIVA L'INTESA!
                                                                                          
                                                ___________
                                            
                                                       Motto dannunziano
                                                  °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
**** L'impresa di Fiume : il 12 settembre 1919, un gruppo di ribelli dell'esercito italiano, guidati da Gabriele D'Annunzio, occuparono la città dalmata di Fiume proclamandone l'annessione all'Italia. L'azione fu la conseguenza del sentimento diffuso di delusione per la "vittoria mutilata" a causa del mancato riconoscimento dai trattati di pace di Versailles, alla fine della prima guerra mondiale, delle istanze italiane relative ai confini con costituenda Iugoslavia.
D 'Annunzio a Fiume
 
 
 
 
 
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Riferimenti bibliografici:
Volume: "Cento scrittori" di Giacomo Spadafora, editore Palumbo
Enciclopedia : Encarta&Microsoft
                                                   
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