mercoledì 3 aprile 2013

GRILLINI GENIALI O INADEGUATI? INTANTO IO VOTO BONINO ( DALLA RIVISTA "MICROMEGA.NET")


Ma allora, questi grillini sono dei rivoluzionari 2.0 o degli improvvisatori inadeguati?
Hanno perso il treno del cambiamento che passava, l’appuntamento con la storia (hegelianamente parlando), oppure sono gli unici coerenti con le proprie premesse ideali e promesse elettorali?
Sono quelli che hanno costretto Bersani a spostarsi “a sinistra”, a scegliere temi stellati, a sacrificare le candidature di partito Franceschini-Finocchiaro per cavalcare lo Spirito dei Tempi Nuovi con Grasso-Boldrini, oppure sono coloro che hanno definitivamente spinto il Pd “verso destra”, che hanno avuto paura di fare politica lasciando la palla ai politicanti di mestiere, che hanno costretto Napolitano a rifugiarsi nell’imbarazzante trovata del pensatoio a dieci teste con esperti del calibro di Gaetano Quagliariello e Mario Mauro?
Sinceramente impressionato dalle opposte certezze altrui, continuo ad essere pieno di dubbi.
Si possono ancora evocare le sfumature di grigio tra il nero dell’anti-grillismo montante e il bianco dell’incrollabile fede stellata nella propria differenza e purezza? Si può continuare a pensare che l’avvento di Grillo sulla scena politica abbia prodotto una scossa impressionante e salutare, portando l’indignazione popolare fin dentro le sedi dei partiti e i luoghi della malata democrazia italiana, pur rimanendo distanti dal linguaggio scelto, dalla sommaria rappresentazione di sé e degli altri, dalla stramba pretesa di prendere tutto (e non ottenere niente) nel momento in cui si poteva ottenere comunque molto e cambiare le regole del gioco?
Duro il mestiere del commentatore, in questi tempi durissimi, in cui il “paese reale” (non penso a chissà quale entità metafisica retorica, ma a parenti e conoscenti sfiancati, amici impiegati operai professionisti che hanno perso il lavoro, colleghi precari costretti a tornare a casa dei genitori mentre aspettano il prossimo contratto a termine) osserva lo spettacolo delle consultazioni, il balletto delle dichiarazioni, la grancassa dell’hardcore digitale, come fosse una puntata de “La storia siamo noi” di Minoli, altro che emergenza o rivoluzione. E noi qui a cercare di capire se Grillo e i suoi per caso abbiano un “piano” che non riusciamo a comprendere, se davvero Bersani pensasse di ottenere da montiani e pidiellini un lasciapassare a costo zero, se il Presidente della Repubblica nella sua ostinata ricerca di un punto di equilibrio non abbia perso di vista quali siano i termini del problema (le opposte opzioni, intrinsecamente inconciliabili).
Il dato di fatto è che la via crucis di Bersani per ora è terminata con la resurrezione della seconda repubblica, la Pasqua dei “dieci saggi”, e Berlusconi si prepara a ribaltare il banco.
Una cosa, però, vorrei dirla: dateci almeno un Presidente della Repubblica all’altezza dei tempi e della situazione. Sì, andrebbero bene anche Rodotà o Zagrebelsky, perché questo Paese è affamato di giustizia, coerenza e libertà, ma continuo a sperare che questi nomi possano riemergere per la Presidenza del Consiglio dopo lo “stop and go” ordinato da Napolitano.
Per la Presidenza della Repubblica, invece, mi unisco volentieri al coro di chi evoca il nome di Emma Bonino.
So che non saranno d’accordo i miei amici della sinistra-sinistra (la Bonino è una liberale libertaria sospetta di liberismo con un passato di intelligenza col Nemico), non saranno d’accordo gli amici cattolici-cattolici (quelli del ramo “difesa della vita”, con tutti gli equivoci annessi), non saranno d’accordo i politici (è troppo “anti”) e gli anti-politici (è troppo istituzionale), eppure in un certo senso lei saprebbe garantire anche tutti loro, proprio per la sua incrollabile fede (laicissima) nel pluralismo, la differenza, la libertà.
Finito il bipolarismo, che imponeva la logica del compromesso, serve una figura capace di scombinare gli schieramenti, qualcuno che abbia una visione non italo-centrica del mondo, una persona, una donna, dotata di grande cultura politica ma nessuna reverenza nei confronti dello status quo o del buonsensismo buonista. Magari, finalmente, verrà iniettata nel sistema un po’ di sana modernità (di complessità, di visione, di concretezza riformatrice) dopo tanti retorici salamelecchi ottocenteschi, dopo tutti quei riflussi di Novecento trasformati in partiti ectoplasmatici, dopo che la post-modernità “social” ha dato prova abbondante dei suoi limiti intellettuali e psicologici prima ancora che politici.
Fabrizio Tassi
(3 aprile 2013)
 





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