Da "Il fatto quotidiano"
Europee, la stravittoria di Renzi e la debacle M5s
Il Pd di Matteo Renzi non vince. Stravince. Le elezioni europee rappresentano per il presidente del Consiglio un battesimo che cancella il suo peccato originale: l’accoltellamento (virtuale) di Enrico Letta
con la conseguente conquista di palazzo Chigi senza passare per il
voto. Il plebiscito per il premier non ha precedenti nella seconda
repubblica. La sconfitta per il Movimento 5 stelle è bruciante.
Lo
tsunami c’è stato, ma tutto in favore dell’ex sindaco di Firenze. Agli
occhi di un grandissimo numero di elettori il giovane premier è riuscito
davvero a incarnare la speranza. Con Grillo (doppiato) che ha invece finito per trasmettere troppo pessimismo e molta paura.
Le
urne, nonostante la percentuale di astensione (alta per l’Italia, ma
non rispetto alla maggior parte di Europa), ci restituiscono così
l’immagine di un pezzo importante di Paese che alle possibilità di
rigenerare il sistema vuole crederci ancora. Nessuno, è vero, può sapere
per quanto durerà questo sentimento.
È possibile che le cose cambieranno il prossimo novembre, quando il governo dovrà mettere mano a una legge finanziaria
che chi sa guardare ai numeri prevede lacrime e sangue. O quando, e se,
si avvereranno le fosche previsioni di tutti quei molti organismi
internazionali che vaticinano per i prossimi mesi un ulteriore aumento
della disoccupazione.
Per ora però Renzi
ha solo legittimamente da festeggiare. Il risultato incassato è tale da
mettere per molto tempo in riga i suoi perdenti alleati di governo. Se
domani gli alfaniani e gli ex montiani
non lo seguiranno lui potrà davvero andare a elezioni politiche
anticipate. E in ogni caso sarà ben difficile dire di no a un premier
che quasi da solo ha raccolto oltre il 41 per cento dei consensi.
Pure
per questo appare particolarmente duro il futuro immediato del
Movimento 5 stelle. L’analisi dei flussi di voto ci darà cosa è
accaduto. Per ora è immaginabile che parte del suo elettorato sia
tornato al Pd e che un’altra si sia rifugiata nel non voto.
Del
resto hanno certamente indignato molti cittadini le modalità sbrigative
e tutt’altro che democratiche con cui sono stati espulsi i cosiddetti dissidenti.
È stato poi un grave errore il rifiuto di andare a vedere il gioco di
Renzi quando l’ex sindaco si era detto disposto a rinunciare al finanziamento pubblico
se il M5s avesse discusso con lui le riforme. Ed è infine stato
sbagliato continuare a alzare i toni, quando era possibile rappresentare
un’opposizione intransigente senza per forza ricorrere al dileggio o
all’insulto dell’avversario. Apparire autorevoli e seri in una nazione
popolata da una classe dirigente improbabile è un valore al quale non è
più il caso di rinunciare.
Detto questo i cinque stelle, pur nella debacle, continuano a rappresentare il 20 per cento
e passa di chi va alle urne. Non è poco, specie in un Paese in cui
l’elettorato è ormai diventato liquido. Anche in Italia infatti, lo
dimostrano i risultati, chi vota può passare da uno schieramento
all’altro, da un partito al non voto e viceversa.
Renzi
dovrà tenerne conto. Oggi i numeri dicono che è lui quel leader cercato
dal centrosinistra da molti anni. Ma se nei prossimi mesi non
dimostrerà pure di essere quello Statista di cui l’Italia ha bisogno, i
cittadini gli volteranno le spalle. Per vincere ha fatto molte, forse
troppe, promesse. Meglio per lui, e in fondo per tutti, che sappia
rispettarle.
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