Musica: Pompei omaggia Giuseppe Verdi, domani concerto in citta'
ultimo aggiornamento: 09 agosto, ore 08:34
Roma, 8 ago. (Adnkronos) - A Pompei scocca l'ora della musica classica, con il concerto in omaggio a Giuseppe Verdi in programma domani alle 21, in piazza Schettini. L'ingresso e' gratuito. Nell'ambito delle celebrazioni nazionali per il bicentenario della nascita del massimo operista italiano dell'Ottocento (venuto alla luce il 10 ottobre 1813), la citta' di Pompei intende rendere omaggio al musicista e compositore Giuseppe Verdi. E lo fa con un appuntamento esclusivo come il concerto 'Viva Verdi - La musica italiana, le aree delle opere, le classiche napoletane' realizzato in collaborazione con il Teatro 'Verdi' di Salerno. Accompagnati al pianoforte dal M.° Gaetano Santucci, intoneranno immortali melodie il tenore Peter Kostov, il baritono Stilian Mincev, la soprano Kristina Ignatova e la mezzo soprano Vladislava Garvalova, spaziando in un repertorio che va dal «Trovatore» al «Rigoletto», dalla «Tosca» alla «Cavalleria Rusticana», passando per le piu' belle canzoni della tradizione classica napoletana come «'O sole mio» e «Funiculi' Funicula'» ma anche intonando brani divenuti pietre miliari della canzone italiana come «Non ti scordar di me». Il concerto rientra nel cartellone «Estate a Pompei» promosso dagli Assessorati alla Cultura, al Turismo e ai Grandi Eventi del Comune di Pompei ed e' realizzato in collaborazione con l'Orchestra da Camera della Campania, per la direzione artistica del M.° Liberato Santarpino. Il prossimo appuntamento musicale a Pompei e' per sabato 17 agosto, alle ore 21.00, al «Parco del Bambino» di via Aldo Moro, con il concerto del Trio Napoli e del tenore Paolo Gloriante
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Annotazione :
Verdi, Giuseppe
1 | INTRODUZIONE |
Verdi, Giuseppe (Roncole di Busseto, Parma 1813 - Milano 1901), compositore italiano. Nato da una famiglia contadina nel Ducato di Parma e Piacenza, allora governato dai francesi, studiò musica con l’organista della chiesa di Roncole e poi con quello della vicina Busseto. Respinto all’esame di ammissione al Conservatorio di Milano per l’età troppo avanzata, ebbe lezioni private da Vincenzo Lavigna, maestro concertatore del Teatro alla Scala e professore di solfeggio al Conservatorio.
Nabucco 1842(Scala),Ernani 1844 Venezia |
3 | LA CARRIERA OPERISTICA |
La carriera operistica di Verdi era ormai brillantemente avviata. Alle radici del successo verdiano vi era il carattere romantico e popolare delle sue opere, che, pur non essendo di taglio prettamente politico, presentavano un legame chiaramente percepibile con l’acceso clima risorgimentale. L’affinità emergeva, più che da vaghe metafore politiche, dal carattere appassionato dei personaggi e dall’energia con cui la musica interveniva nella vicenda, in sintonia con lo slancio ideale e patriottico diffuso in Italia prima dei moti del 1848.
Negli anni successivi Verdi inseguì con determinazione il consolidamento del proprio successo, componendo senza sosta opere di valore diseguale per imporsi sulla scena delle principali città italiane. Nacquero così I due Foscari (1844), Giovanna D’Arco (1845), Attila (1846), Stiffelio (1850) e altre opere, fra le quali spiccano Macbeth (1847, libretto di Piave) e Luisa Miller (1849, libretto di Salvatore Cammarano). Egli stesso definì più tardi questo periodo della sua vita, caratterizzato da una convulsa attività compositiva, come “anni da galera”.
I frutti di questo tirocinio forzato non si fecero attendere: il decennio successivo si aprì con la cosiddetta “trilogia popolare” formata da Rigoletto (1851, libretto di Piave), Il trovatore (1853, libretto di Cammarano) e La traviata (1853, libretto di Piave). Verdi aveva ormai sviluppato un approccio del tutto personale al melodramma, ricco di elementi innovativi nel panorama operistico ottocentesco: nelle opere verdiane le passioni dei personaggi si manifestavano con un’intensità inedita, le vicende erano trattate con realismo ed energia, i protagonisti mostravano con le loro contraddizioni un’umanità che li rendeva vivi e credibili.
4 | LE OPERE DELLA MATURITÀ |
La fama ormai acquisita e la morte di Gaetano Donizetti, principale concorrente di Verdi in campo operistico, permisero al musicista un maggiore agio nel comporre le opere successive, che risultano più meditate. Diversi elementi mostrano un ampliamento e un approfondimento delle strutture del melodramma. Verdi guardava alla Francia e al grand-opéra parigino, caratterizzato da ampie dimensioni (in genere cinque atti), azioni molto elaborate e grandiosi allestimenti scenici.
È questo il genere dei Vespri siciliani (1855, libretto di Eugène Scribe), che arricchisce la drammaturgia verdiana di un nuovo tema, fondamentale anche in molte opere successive: la passione politica e la tematica del potere come punto focale delle passioni private dei personaggi. A questa seguirono Simon Boccanegra (1857, libretto di Piave), dove ai contrasti a effetto delle opere precedenti si sostituiva un approccio più sfumato e un tono espressivo maggiormente uniforme, e Un ballo in maschera (1859, libretto di Antonio Somma).
Il Verdi delle opere più mature sembra avvicinarsi gradualmente, quasi per cerchi concentrici, al problema chiave del melodramma: la frattura tra aria e recitativo, con il conseguente innaturale frantumarsi dell’azione in pezzi chiusi e senza continuità musicale. In queste opere, così come in quelle successive, si osserva il tentativo di superare questa divisione collegando fra loro i singoli pezzi e praticando una declamazione delle parole che si pone a metà strada fra recitativo e aria.
La forza del destino (1862, libretto di Piave), Don Carlos (1867, libretto di F.-J. Méry e C. du Locle) e Aida (1871, libretto di Antonio Ghislanzoni) mostrano una crescente attenzione per il ruolo dell’orchestra. Il Verdi delle prime opere, autore di accompagnamenti schematici e a volte banali, ha lasciato il posto a un attento conoscitore dell’orchestra.
Dopo Aida la produzione verdiana rallentò sensibilmente. Il mondo musicale italiano era stato scosso dalle prime esecuzioni delle opere di Richard Wagner, che suscitarono interesse e vivaci polemiche. Verdi proseguì tuttavia la propria ricerca musicale, che fu peraltro stimolata dalle novità di cui era foriera l’opera del compositore tedesco. L’aggettivo “wagneriano”, applicato all’epoca a tutto ciò che non era convenzionale o scontato, appare pertanto eccessivo o improprio riferito ai due ultimi capolavori di Verdi, frutto della collaborazione con il letterato Arrigo Boito: Otello (1887) e Falstaff (1893), unica opera buffa della maturità. Con Otello e Falstaff egli portò a compimento il processo iniziato dopo la “trilogia popolare”: il dualismo tra aria e recitativo è infatti qui superato con un declamato melodico in grado di procedere, senza fratture, unitamente all’azione.
Tra le composizioni non teatrali di Verdi figurano la Messa da Requiem (1874), scritta in memoria di Alessandro Manzoni, e il Quartetto in mi minore per archi (1875), unica opera strumentale di ampio respiro.
Marco Buonarroti
Una scena dell'opera "Aida" |
Una scena dell'opera "Il trovatore" |
Marco Buonarroti
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