Flaubert,
Gustave (Rouen 1821 - Croisset 1880), scrittore francese. Figlio di un
medico, conobbe fin dall’infanzia la monotonia della vita di provincia, la
stessa che avrebbe fatto da sfondo a Madame Bovary (1857). Cominciò senza
entusiasmo gli studi giuridici a Parigi, che abbandonò quando, attorno al 1844,
si manifestarono i primi attacchi di epilessia. Da allora trascorse quasi tutta
la vita nella quiete della casa di Croisset, nei pressi di Rouen, dedicandosi
alla letteratura; se ne allontanò solo per qualche soggiorno a Parigi, dove nel
febbraio 1848 ebbe modo di assistere al moto rivoluzionario, e per
qualche viaggio, prima in Medio Oriente (1849-1851) e poi in Algeria e Tunisia
(1858). Questo relativo isolamento gli rese nemico l’ambiente borghese della
provincia, che condannò velatamente nei romanzi e in modo più aperto e
sarcastico nel Dizionario dei luoghi comuni (1911), e tuttavia non gli
impedì di mantenere vivi i contatti sociali e intellettuali con personalità
quali George Sand, Théophile Gautier e Guy de
Maupassant, come attestano le lettere a Louise Colet (con lei ebbe una
relazione fra il 1846 e il 1854), che sono anche un’importante fonte di
informazioni sulla biografia e la poetica di Flaubert.
Sebbene sia stato spesso considerato – anche
dai suoi contemporanei – il caposcuola del realismo, Flaubert
stesso rifiutò tale titolo, che riteneva ingombrante e riduttivo. In effetti ci
sono, nella poetica e nelle modalità di scrittura flaubertiana, importanti
elementi ascrivibili ai principi del realismo: la volontà di raccogliere una
documentazione quanto più precisa e scrupolosa sull’oggetto da rappresentare al
fine di “mostrare la natura così com’è”; l’accento posto sulla riflessione,
sull’elaborazione consapevole e tenace in contrapposizione ai concetti
romantici di ispirazione e genio; la teorizzazione
dell’impassibilità, del distacco dello scrittore-osservatore rispetto alla
materia narrata. Quest’ultimo punto, di fondamentale importanza, rientra nella
cosiddetta “teoria dell’impersonalità”: l’autore, rinunciando a giudizi e
commenti diretti, deve ritirarsi e lasciar parlare i fatti, “essere come Dio
nella Creazione, invisibile e onnipotente”. Tuttavia emerge in tutte le opere di
Flaubert, anche quelle che descrivono la banalità del quotidiano, una tensione
riconducibile a una sensibilità romantica mai del tutto repressa, che si esprime
nella trasfigurazione e nella metaforizzazione della realtà, quando non nel
gusto per l’esotismo e i contrasti violenti, o in vere e proprie incursioni nel
fantastico.
Marco Buonarroti
Le opere giovanili di Flaubert annunciavano già
le due correnti di ispirazione e i temi che sarebbero stati tipici della
maturità: Memorie di un pazzo (1836), racconto autobiografico della
passione per l’inaccessibile Madame Schlésinger, già toccava le problematiche
dell’Educazione sentimentale, mentre Smarh (1839) può essere
considerato un primo abbozzo di La tentazione di sant’Antonio (1849,
rivisto nel 1856 e nel 1874). I grandi romanzi di Flaubert si svilupparono da
queste prime prove, da una parte con le evocazioni della potenza delle passioni
umane di Salammbô (1862), con la già citata Tentazione di
sant’Antonio – in cui emergono le reminiscenze dei viaggi in Medio Oriente e
nell’Africa settentrionale – e con i Tre racconti (1877), dall’altra con
i romanzi che, in una più precisa tensione verso il realismo, insistono sul
grigiore e la mediocrità del presente.
A quest’ultimo filone appartiene l’opera più
conosciuta di Flaubert, Madame Bovary. Pubblicata a puntate sulla
“Revue de Paris” e successivamente in volume nel 1857, divenne addirittura un
caso giudiziario, quando autore ed editore furono accusati di immoralità e poi
assolti. Madame Bovary, che porta il sottotitolo Costumi di
provincia, è la storia di Emma, figlia di un piccolo proprietario terriero e
moglie di un medico condotto. Donna insoddisfatta, insofferente della monotonia
della vita domestica e sprezzante nei confronti del marito privo di ambizioni,
aspira al grande amore, alla vita eccitante della città, al lusso
dell’aristocrazia, alle travolgenti passioni descritte nei romanzi. Spinta da
questi desideri impossibili, ha una relazione amorosa con un uomo, che ben
presto si stanca di lei. Abbandonata anche dal secondo amante, sentendosi
stretta nella morsa dei debiti, Emma finisce col togliersi la vita.
Anche L’educazione sentimentale (1869),
romanzo poi preso a modello dai naturalisti soprattutto per lo
stile volutamente spoglio, è la storia di un fallimento, che Flaubert riteneva
proprio della sua generazione, qui incarnato nella vicenda di Frédéric Moreau.
Il giovane, nutrito di sogni amorosi e di ambizioni sociali, si mostra incapace
sia di vivere l’amore per Madame Arnoux sia di agire di fronte agli avvenimenti
politici (la rivoluzione del 1848). A Bouvard e Pécuchet (1881), lasciato
incompiuto, Flaubert dedicò dieci anni di lavoro; il primo capitolo, il solo ad
avere vera e propria forma narrativa, racconta l’incontro fra due copisti, uniti
dal tentativo di abbracciare e dominare tutto il reale attraverso lo strumento
della riduzione enciclopedica: il resto dell’opera consiste in una sorta di
catalogo delle varie scienze e arti alle quali i due amici si dedicano di volta
in volta senza riuscire mai a padroneggiarle.
Nella carriera di Flaubert gli insuccessi non
mancarono, poiché né L’educazione sentimentale, né La tentazione,
né l’opera teatrale Le Candidat (1874) convinsero il pubblico; anche
Salammbô, che pure fu ben accolto dai lettori, fu sistematicamente
stroncato dai critici. Non poche delle sue opere, inoltre, videro la
pubblicazione solo molti anni dopo la sua morte.
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