Da "Micromega on line"
CARLO CORNAGLIA – Quartetto in Re peggiore
E’ un bla bla bla fra quattro furbacchioni
che parlano fra loro sorridenti
facendo finta d’essere amiconi.
Tre passano per quasi adolescenti,
ma son politici di lungo corso
col marchio democristo docg.
Il quarto è un rosso che, senza rimorso,
crede d’essere ancora nel Pci
e ai dc vuole imporre il suo programma.
Fra i tre il più obbediente è Enrico Letta,
anche perché se non si adegua smamma
dal cadreghin di prémier marionetta.
Chi fa più pena è il povero Angelino
che per tradir si è procurato il quid,
ma teme di tornar dal malandrino
se le elezioni giungon troppo speed.
Da vice premier fa la voce grossa,
ma sa che per contare qualche cosa
può solo votar no, tremenda mossa
che lo ridà al figliol di Mamma Rosa.
Renzi è piombato, vinte le primarie,
nel patto fra Re Giorgio, Angelo e Enrico
e grazie alle proposte temerarie
della stabilità pare il nemico.
Dopo una serie di rottamazioni
di vip matusalemme del partito,
per convincere i tanti creduloni
con l’abito del nuovo si è vestito.
Per non deludere le aspettative
dà il bando ai vertici di maggioranza,
ai vani tavoli di trattative
ed al cerimonial senza sostanza,
così da dimostrar che il nuovo è tale.
Il suo programma è molto succulento:
si parte dalla legge elettorale,
sulla Costituzion c’è l’intervento
con la trasformazione del Senato
ed un bel po’ di deputati in meno,
l’articolo 18 cancellato,
se chiamato job act, par meno osceno.
Infin due temi fonti di casini:
le union civil fra gli etero e fra gli omo
e il cambiamento della Bossi-Fini,
alla faccia di Alfano, pover’uomo.
Enrico Letta, buon democristiano,
s’arrabbia, ride, tergiversa, media,
mentre, tornato senza quid, Alfano
sotto il cul traballar sente la sedia.
Matteo Renzi che vuole le elezioni,
ma senza far troppo incazzare il Re,
mette Angelino nelle condizioni,
con un suo no di dir lui no al premér.
Così il cerino passa al Quirinale
dove siede il peggiore del quartetto
che, visto che il concerto è andato male,
dovrebbe salutarci: “Mi dimetto!”
Carlo Cornaglia
(7 gennaio 2014)
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