lunedì 18 novembre 2013

POLITICA :" CANCELLIERI -IL RIFIUTO DI ESSERE GIUDICATI"

DA "MICOROMEGA ON LINE"


ROSSELLA GUADAGNINI – Cancellieri-Ligresti, il rifiuto di essere giudicati

rguadagnini

Non vorremmo trovarci nei panni di Annamaria Cancellieri, ministro di Giustizia inciampato nello scandalo Ligresti. Da che parte pesa il piatto della bilancia, quella che lei istituzionalmente rappresenta, simbolo del suo dicastero? Bugie e verità fanno parte dell’impasto dei giorni, tuttavia il tempo è rivelatore, come si suol dire: svela le prime e svela anche le seconde. Al di là di ogni valutazione individuale o politica, infatti, che può fare un ministro della Repubblica che si trovi coinvolto e, probabilmente, travolto da un affaire che riguarda la sua persona, la sua famiglia, i suoi comportamenti pubblici, ma soprattutto il suo ruolo?

Il Guardasigilli un tempo era il gran cancelliere. Oggi è il titolo del ministro di Grazia e Giustizia, cosiddetto in quanto controfirma i decreti muniti del sigillo dello Stato. Questo fa comprendere, almeno in piccola parte, la solennità del ruolo. I rapporti con la famiglia di imprenditori siciliani e Annamaria Cancellieri sono chiari anche al più sprovveduto degli italiani. E’ comprensibile l’atteggiamento del ministro, ma allo stesso modo è censurabile. All’estero si sono dimessi fior di personaggi dopo essere stati scoperti ad aver copiato la tesi di laurea. In Italia si ricorda il recente caso di Josefa Idem, ministro alle Pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, dimissionaria per una serie di irregolarità tributarie.

Da noi, di solito, ognuno mentre legittimamente rivendica la propria innocenza, resta però pervicacemente attaccato alla poltrona: perché? Scarso senso dello Stato e delle istituzioni si dice. Ma se nemmeno ministri e premier danno l’esempio, se nemmeno loro dimostrano di possedere queste doti, perché il cittadino comune dovrebbe comportarsi diversamente? Che tipo di morale pubblica incoraggiano questi atteggiamenti? Che tipo di etica civile e politica? Bacchettoni, si risponde a questa obiezione per liquidarla in fretta sul piano della coscienza. Non è così facile.

L’indisponibilità a essere giudicati è propria di chi si ritiene superiore, il rifiuto di sottoporsi a una valutazione pubblica esclude dal consorzio umano. Un tempo erano invocati, in buona o cattiva fede, i giudizi di Dio; poi ci siamo più modestamente attenuti ai giudizi degli uomini. Solo i criminali, piccoli e grandi, si ritengono superiori alle leggi; gli altri, innocenti o colpevoli che siano, devono fare buon viso a cattivo gioco. Chi rifiuta il giudizio sostiene che il giudizio è persecuzione, i fatti addebitatigli falsità, le voci su di lui cattiverie gratuite. Questo lo può dichiarare chiunque in uno Stato di diritto, tranne che una persona. E questa persona è il ministro di Grazia e Giustizia. A meno di non volere entrare in contraddizione con se stessa, di non sdoppiare la sua individualità: di giorno tutore della legge, di sera tutore di se stessa.

Pure in questa ostinazione il ministro rivela la sua appartenenza a una classe politica che si ritiene inattaccabile per ragioni puramente elettive e assolutamente indimostrabili. Un’elezione ottenuta tramite garbati favori reciproci e -è facile immaginarlo, il ministro ci vorrà perdonare- forme di clientelismo a vario livello, relazioni pericolose con i potenti d’Italia. Legami che, se aiutano a salire velocemente, altrettanto velocemente possono precipitarti giù. Oppure, c’è da pensare che il Guardasigilli conti sulla memoria cortissima del Paese, sullo smarrimento dei cittadini e sull’ignavia di coloro che li rappresentano. Tanto ha al suo fianco due ‘angeli custodi’ di prima grandezza, il capo del governo, Enrico Letta, e addirittura il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Chi si potrebbe desiderare di più in veste di paladino?

Ma il suo destino è affidato, come sempre in questi casi, a lei stessa, alla capacità che avrà di dimostrare la propria “dignità”, di salvare il proprio “onore” con un gesto individuale che molti aspettano, visto il grado di compromissioni e gli addebiti a cui è giunta la sua vicenda pubblica e privata; un capolinea da cui appare difficile fare marcia indietro, tantomeno con un colpo di spugna. Le restano dunque solo due alternative: può dimettersi oppure farsi dimettere, tertium non datur. Per l’elementare ragione che è il suo stesso ruolo a imporlo, che la difesa della sua posizione è incompatibile con la stessa natura della sua posizione. L’unica soluzione praticabile contro l’assieparsi di ombre e sospetti.
Rossella Guadagnini

(16 novembre 2013)

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