martedì 6 agosto 2013

MUSICA :"FESTIVAL DELLE TERME DI CARACALLA"

Tosca e omaggio a Verdi: chiude in grande il Festival delle Terme di Caracalla

ultimo aggiornamento: 04 agosto, ore 14:02
Roma - (Ign) - Fino al 10 agosto (ore 21) va in scena nel maestoso complesso archeologico della Terme di Caracalla una doppia Sicilia, quella di Giovanni Verga e quella di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Torna l'opera di Giacomo Puccini (fino al 6 agosto, ore 21) diretta dal maestro Luigi Palumbo in un nuovo allestimento con regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi. Si chiude la stagione estiva con 'Un bacio sul cuore', con Michele Placido e Isabella Ferrari


 
Roma, 4 ago. - (Ign) - Ultimi giorni della Stagione Estiva 2013 del Teatro dell’Opera di Roma nel maestoso complesso archeologico della Terme di Caracalla: in una cornice unica al mondo per storia, fascino e bellezza, viene proposta una programmazione di alta qualità per gli amanti dell'opera lirica, del balletto e della musica sinfonica.  
  Fino al 10 agosto (ore 21) va in scena una doppia Sicilia, quella di Giovanni Verga e quella di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: si apre con la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni diretta dal maestro Gaetano d’Espinosa con la regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi, si prosegue con Terra e Cielo, con la nuova coreografia di Micha van Hoecke (direttore del Corpo di Ballo dell’Opera) che racconterà il Gattopardo sulle magnifiche musice di Nino Rota realizzate per il capolavoro di Luchino Visconti (Palma d’Oro a Cannes nel 1963).


E poi, ancora grande opera lirica, con il ritorno della Tosca di Giacomo Puccini (fino al 6 agosto, ore 21) diretta dal maestro Luigi Palumbo in un nuovo allestimento con regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi.

Si chiude il 9 e 10 agosto con un omaggio a Giuseppe Verdi in occasione del bicentenario della nascita: in scena Michele Placido e Isabella Ferrari racconteranno 'Un bacio sul cuore, le donne nella vita e nella musica di Verdi' (scritto da Michele Placido e Giulia Calenda) che racconta i rapporti del compositore con le donne della sua vita spesso idealizzate nei personaggi femminili delle sue opere.



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Annotazione :




Verdi, Giuseppe

1INTRODUZIONE

Verdi, Giuseppe (Roncole di Busseto, Parma 1813 - Milano 1901), compositore italiano. Nato da una famiglia contadina nel Ducato di Parma e Piacenza, allora governato dai francesi, studiò musica con l’organista della chiesa di Roncole e poi con quello della vicina Busseto. Respinto all’esame di ammissione al Conservatorio di Milano per l’età troppo avanzata, ebbe lezioni private da Vincenzo Lavigna, maestro concertatore del Teatro alla Scala e professore di solfeggio al Conservatorio.

Nabucco 1842(Scala),Ernani 1844 Venezia


3LA CARRIERA OPERISTICA

La carriera operistica di Verdi era ormai brillantemente avviata. Alle radici del successo verdiano vi era il carattere romantico e popolare delle sue opere, che, pur non essendo di taglio prettamente politico, presentavano un legame chiaramente percepibile con l’acceso clima risorgimentale. L’affinità emergeva, più che da vaghe metafore politiche, dal carattere appassionato dei personaggi e dall’energia con cui la musica interveniva nella vicenda, in sintonia con lo slancio ideale e patriottico diffuso in Italia prima dei moti del 1848.

Negli anni successivi Verdi inseguì con determinazione il consolidamento del proprio successo, componendo senza sosta opere di valore diseguale per imporsi sulla scena delle principali città italiane. Nacquero così I due Foscari (1844), Giovanna D’Arco (1845), Attila (1846), Stiffelio (1850) e altre opere, fra le quali spiccano Macbeth (1847, libretto di Piave) e Luisa Miller (1849, libretto di Salvatore Cammarano). Egli stesso definì più tardi questo periodo della sua vita, caratterizzato da una convulsa attività compositiva, come “anni da galera”.

I frutti di questo tirocinio forzato non si fecero attendere: il decennio successivo si aprì con la cosiddetta “trilogia popolare” formata da Rigoletto (1851, libretto di Piave), Il trovatore (1853, libretto di Cammarano) e La traviata (1853, libretto di Piave). Verdi aveva ormai sviluppato un approccio del tutto personale al melodramma, ricco di elementi innovativi nel panorama operistico ottocentesco: nelle opere verdiane le passioni dei personaggi si manifestavano con un’intensità inedita, le vicende erano trattate con realismo ed energia, i protagonisti mostravano con le loro contraddizioni un’umanità che li rendeva vivi e credibili.

4LE OPERE DELLA MATURITÀ

La fama ormai acquisita e la morte di Gaetano Donizetti, principale concorrente di Verdi in campo operistico, permisero al musicista un maggiore agio nel comporre le opere successive, che risultano più meditate. Diversi elementi mostrano un ampliamento e un approfondimento delle strutture del melodramma. Verdi guardava alla Francia e al grand-opéra parigino, caratterizzato da ampie dimensioni (in genere cinque atti), azioni molto elaborate e grandiosi allestimenti scenici.

È questo il genere dei Vespri siciliani (1855, libretto di Eugène Scribe), che arricchisce la drammaturgia verdiana di un nuovo tema, fondamentale anche in molte opere successive: la passione politica e la tematica del potere come punto focale delle passioni private dei personaggi. A questa seguirono Simon Boccanegra (1857, libretto di Piave), dove ai contrasti a effetto delle opere precedenti si sostituiva un approccio più sfumato e un tono espressivo maggiormente uniforme, e Un ballo in maschera (1859, libretto di Antonio Somma).

Il Verdi delle opere più mature sembra avvicinarsi gradualmente, quasi per cerchi concentrici, al problema chiave del melodramma: la frattura tra aria e recitativo, con il conseguente innaturale frantumarsi dell’azione in pezzi chiusi e senza continuità musicale. In queste opere, così come in quelle successive, si osserva il tentativo di superare questa divisione collegando fra loro i singoli pezzi e praticando una declamazione delle parole che si pone a metà strada fra recitativo e aria.

La forza del destino (1862, libretto di Piave), Don Carlos (1867, libretto di F.-J. Méry e C. du Locle) e Aida (1871, libretto di Antonio Ghislanzoni) mostrano una crescente attenzione per il ruolo dell’orchestra. Il Verdi delle prime opere, autore di accompagnamenti schematici e a volte banali, ha lasciato il posto a un attento conoscitore dell’orchestra.

Dopo Aida la produzione verdiana rallentò sensibilmente. Il mondo musicale italiano era stato scosso dalle prime esecuzioni delle opere di Richard Wagner, che suscitarono interesse e vivaci polemiche. Verdi proseguì tuttavia la propria ricerca musicale, che fu peraltro stimolata dalle novità di cui era foriera l’opera del compositore tedesco. L’aggettivo “wagneriano”, applicato all’epoca a tutto ciò che non era convenzionale o scontato, appare pertanto eccessivo o improprio riferito ai due ultimi capolavori di Verdi, frutto della collaborazione con il letterato Arrigo Boito: Otello (1887) e Falstaff (1893), unica opera buffa della maturità. Con Otello e Falstaff egli portò a compimento il processo iniziato dopo la “trilogia popolare”: il dualismo tra aria e recitativo è infatti qui superato con un declamato melodico in grado di procedere, senza fratture, unitamente all’azione.

Tra le composizioni non teatrali di Verdi figurano la Messa da Requiem (1874), scritta in memoria di Alessandro Manzoni, e il Quartetto in mi minore per archi (1875), unica opera strumentale di ampio respiro.

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Mascagni, Pietro




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