domenica 6 marzo 2016

.LETTERATURA : "GABRIELE D'ANNUNZIO ..."

Il mese di marzo ci ricorda Gabriele D'Annunzio, nato a Pescara il 12 marzo del 1863 e morto a Gardone Riviera il 1 marzo del 1938






D’Annunzio, Gabriele (Pescara 1863 - Gardone Riviera, Brescia 1938), scrittore italiano. Frequentò a Prato il prestigioso Collegio Cicognani; giovanissimo, esordì con la raccolta di poesie Primo vere (1879), ben accolta dalla critica: finito il liceo giunse perciò a Roma preceduto da una certa notorietà negli ambienti culturali.
Grazie a Edoardo Scarfoglio frequentò il mondo del giornalismo e fece vita di società, collaborando a varie testate (dal “Fanfulla della Domenica” alla “Cronaca bizantina”, alla “Tribuna”). Come cronista mondano fu molto apprezzato dal pubblico, e la sua popolarità crebbe ulteriormente quando venne pubblicato il secondo libro di poesie, Canto novo (1882), arricchendo il linguaggio carducciano di una luminosa vitalità.

Nel 1883 apparve Intermezzo di rime, attorno al quale si accese una polemica  per i temi trattati, giudicati scandalosi. Un sensualismo e un erotismo che accosta figure squisite a immagini deformi e corrotte, con le Elegie romane (1892) D’Annunzio si riaccostò ai modelli classicisti di Carducci.

Del 1893 è il Poema paradisiaco, che mostra toni ulteriormente smorzati e, con una più decisa apertura alle moderne esperienze europee, accoglie le suggestioni del simbolismo.(Leggi il post del 23 dicembre 2015 dal titolo ..Il giovane poeta Arthur Rimbaud, dove si accenna al simbolismo)

Intanto D’Annunzio aveva dato avvio alla produzione in prosa. I racconti di questo periodo furono pubblicati in seguito con il titolo Novelle della Pescara (1902), un libro che ricalca elementi del verismo italiano . Nel 1889 fu pubblicato il romanzo Il piacere: protagonista ne è Andrea Sperelli, un giovane aristocratico che ama l’eleganza e l’arte; il suo estetismo lo porta a trascurare la vita pratica a favore di un’egoistica e distruttiva idealizzazione dell’amore e della vita sotto il segno del Bello, e così travolge non solo le sue amanti ma anche se stesso.

D’Annunzio cercò di trasferire il suo gusto estetizzante anche nella vita, coltivando l’eleganza e indulgendo al gesto clamoroso. Si sposò molto giovane, dopo una fuga d’amore, ed ebbe una vita sentimentale intensissima, costellata di numerose amanti. Adorava circondarsi di raffinate opere d’arte e conduceva una vita dispendiosa che lo portò a indebitarsi. Proprio per sfuggire ai debiti si trasferì nel 1891 a Napoli, dove rimase fino al 1894 mantenendosi soprattutto grazie alla collaborazione con il quotidiano della città, “Il Mattino”.

Scrisse il racconto Giovanni Episcopo (1891) e  il romanzo L’innocente (1892)[ da quest’opera il regista Luchino Visconti trasse un film nel 1976]  dove è evidente l’influenza di Tolstoj e di Dostoevskij, mentre nelle Vergini delle rocce (1895) il riferimento ideologico è al filosofo Friedrich Nietzsche, anche se in D’Annunzio la figura del superuomo ebbe, soprattutto, una funzione estetizzante.

Le raccolte poetiche maggiori sono del 1903-1904: con i primi tre libri (Maia, Elettra, Alcyone) delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi si sarebbero misurati i poeti italiani delle successive generazioni. Soprattutto nel primo libro D’Annunzio, recuperando il mito greco, si autocelebra “poeta vate”, eroe mistico della rinascita dell’umanità, mentre con Alcyone, al quale appartengono le famosissime liriche La sera fiesolana e La pioggia nel pineto, viene ripreso il tema, già preannunciato nel Canto novo, dell’immedesimazione panica del poeta con la natura.

Da Alcyone riporto, non senza un cenno commozione difronte alla bellezza  dei versi dai quali emerge chiara la simbiosi tra natura e uomo, la visione panica della natura che ha il poeta (leggi "Arthur Rimbaud",post del 23 dic,2015 ),   la celebre lirica "La pioggia nel pineto"

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.




Nel 1910, quando i creditori riuscirono a sequestrargli la villa e gli arredi, D’Annunzio emigrò in  esilio in Francia, dove continuò a scrivere. Visse a Parigi quattro anni. Sin dalla fine dell’Ottocento aveva registrato appunti e ricordi, costituendo così la base per le prose raccolte nelle Faville del maglio (1928), la prima delle quali fu stampata sul “Corriere della Sera” nel 1911. In esse si esprime una vena memorialistica che culminerà nel Notturno (ultimato nel 1921), opera di uno scrittore non più “magnifico” ma ripiegato su se stesso, alla quale sarebbero seguite, nel 1935, le Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto.
 
Tornato in Italia nel 1915, tenne altisonanti e violenti discorsi a favore dell’intervento in guerra e si impegnò personalmente in ardite azioni belliche. Dal 1921 alla morte visse a Gardone Riviera, sul lago di Garda, a villa Cargnacco, trasformata progressivamente nel Vittoriale degli Italiani, una sorta di monumento a se stesso e a futura memoria: il luogo più elevato del parco ospita infatti il mausoleo che lo scrittore fece edificare per farvi riporre le proprie spoglie.

In Italia, dove D’Annunzio fu celebrato come eroe e artista nazionale dal regime fascista, venne realizzata un’imponente edizione nazionale delle sue opere (42 volumi); nel 1937, già famoso anche all’estero, fu nominato presidente dell’Accademia d’Italia.

Nell’opera di D’Annunzio la vita dell’autore e la letteratura non solo si rispecchiano, ma l’esistenza privata diventa spettacolo per il pubblico, attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore italiano precedente e contemporaneo. In questo modo si spiega l’apparente paradosso per cui lo scrittore più popolare del tempo fu un artista aristocratico ed esclusivista. Un artista “inimitabile” anche grazie a gesta clamorose e avventurose, come la Beffa di Buccari (un’incursione di MAS nella baia di Buccari, nel corso della quale D’Annunzio lanciò bottiglie che contenevano messaggi di scherno) e l’impresa di Fiume.

Del resto, la modernità della sua sensibilità è provata da altri fatti: non solo D’Annunzio fu tra i primi a interessarsi di cinema, ma molti si rivolsero a lui per battezzare prodotti commerciali (la penna Aurora o il liquore Aurum), grandi magazzini (La Rinascente), fatti, questi, che denotano una precoce sensibilità “pubblicitaria”.

Il "Poeta" e il suo impegno civile e patriottico :





La guerra di Libia del 1911 detta al poeta motivi eroici e patriottici che sfociano ne Le canzoni della gesta d'oltremare
Allo scoppio della prima guerra mondiale, egli vi partecipò con la parola, gli scritti e l'azione. Il clima bellico divenne ora congeniale a mettere in atto le sue tendenze di "magnifico venturiero", conciliando il mutuo rapporto tra arte e vita.
Da combattente fu artefice di pericolose azioni meritandosi, tra l'altro, una medaglia d'oro.
Ricordiamo gli arditi voli di bombardamento su Pola, la " beffa di Buccari"*, e l'impresa di Cattaro in Dalmazia.**

E ancora, dopo la riscossa italiana sul Piave, il volo su Vienna*** e l'impresa di Fiume**** di cui tenne la reggenza fino al gennaio del 1921, quando consegnò la città alle truppe inviate dal governo italiano.
Quindi si ritirò a Gardone Riviera, presso il lago di Garda, nella villa che chiamò poi "il Vittoriale".
[....Qui, chiusa  la parentesi guerriera,  ritrovò in sé quella fonda zona di solitudine e di silenzio che sempre, sotto  tanto rumore, era stata la sua vera vita.
Ad essa egli tornava con animo uguale, sebbene ormai sotto il peso della turpe vecchiezza.
E forse nell'avvertimento dell'inesorabile decadere della potenza fisica può cogliersi la poesia più umana e sincera del D'Annunzio.
Che cosa è infine la vita se non una magnifica vicenda che dalla luce rientra a poco a poco nelle tenebre. E cosi aveva cantato il poeta nel Notturno, dal suo lettino d'infermo dopo la ferita per un incidente di volo che gli toglieva l'uso dell'occhio destro : "Bellezza della notte, quante volte t'ho perduta! Di vedere, di guardare, di conoscere ero avido sempre, insaziabile ero sempre. Eppure, o mie pupille erranti, non avete veduto abbastanza, non avete potuto accogliere in voi tutte le facce della deità manifesta. E una di voi è già spenta, e l'altra s'intorbida e si affatica e forse è destinata ad oscurarsi". 
Nel silenzio remoto del Vittoriale egli lavorò fino all'ultimo, attendendo la morte al suo tavolo operoso, dove essa lo colse improvvisa nel 1938.... (dal volume " Cento scrittori- Autore : Giacomo Spadafora- Editore :Palumbo- pag.380)]
 
 
Note : 
 
* la beffa di Buccari : si trattò di un'incursione navale da parte di MAS, potenti motoscafi anti sommergibili della Regia Marina Italiana, contro unità della flotta austro-ungarica alla fonda nella baia di Buccari (Croazia, costa adriatica), nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918,durante la prima guerra mondiale.
 
 
 
 

                       Gabriele D'annunzio tra due ufficiali della Regia Marina
 
 
                                                     °°°°°°°°°°°°°°°°
 
** L'impresa di Cattaro : si trattò ora di un'incursione aerea condotta da aerei italiani, biplani Caproni, che bombardarono la flotta austro-ungarica ormeggiata alle Bocche di Cattaro nel Montenegro, nella notte tra il 4 e 5 ottobre del 1917,durante la prima guerra mondiale.
La missione causò la distruzione della flotta austriaca. D'Annunzio fu promosso maggiore per meriti di guerra.
 
 
 
                                                   °°°°°°°°°°°°°°°°
 
***Il volo su Vienna :fu una trasvolata compiuta da 11 aerei italiani, Ansaldo S.V.A., al comando del maggiore Gabriele D'Annunzio, avente lo scopo di volare nel cielo di Vienna a soli scopi politico-dimostrativi. L'impresa riusci in pieno, furono lanciati sulla capitale austriaca volantini con il seguente testo :
  
VIENNESI!
Imparate a conoscere gli italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne.
Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni.

VIENNESI!

Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s'è volto contro di voi.
Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandola.
POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati!
VIVA LA LIBERTÀ!
VIVA L'ITALIA!
VIVA L'INTESA!
                                                                                          
                                                ___________
                                            
                                                       Motto dannunziano
                                                  °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
**** L'impresa di Fiume : il 12 settembre 1919, un gruppo di ribelli dell'esercito italiano, guidati da Gabriele D'Annunzio, occuparono la città dalmata di Fiume proclamandone l'annessione all'Italia. L'azione fu la conseguenza del sentimento diffuso di delusione per la "vittoria mutilata" a causa del mancato riconoscimento dai trattati di pace di Versailles, alla fine della prima guerra mondiale, delle istanze italiane relative ai confini con costituenda Iugoslavia.
D 'Annunzio a Fiume
 
 
 
 
 
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Riferimenti bibliografici:
Volume: "Cento scrittori" di Giacomo Spadafora, editore Palumbo
Enciclopedia : Encarta&Microsoft
                                                   
 Le fotografie sono state tratte da Wikipedia
Riproduzione vietata
 autore del post : marco buonarroti       (autore del blog)

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