mercoledì 27 gennaio 2016

-LETTERATURA/NOBEL ITALIANI DA RICORDARE.....".(GIOSUE' CARDUCCI) POST INTEGRATO

Carducci, Giosue' (Valdicastello, Lucca 1835 - Bologna 1907), poeta e saggista, fu il primo italiano a ricevere il premio Nobel per la letteratura (1906).



Figlio di un medico condotto affiliato alla Carboneria, trascorse la fanciullezza in Maremma, il cui paesaggio farà rivivere in tante sue poesie. Dopo essersi laureato alla Scuola Normale Superiore di Pisa con una tesi sulla poesia cavalleresca (1856), insegnò in un ginnasio, esperienza, questa, che sarebbe confluita nelle autobiografiche Risorse di San Miniato (1863). Il suo interesse per la filologia lo indusse a fondare, nel 1859, la rivista “Il Poliziano”, che tuttavia ebbe vita breve.

All’insegnamento, dal quale era stato sospeso per tre anni a causa delle sue idee filorepubblicane, tornò a dedicarsi tra il 1860 e il 1904, quando, su nomina del ministro Terenzio Mamiani, fu titolare della cattedra di eloquenza dell’Università di Bologna. In politica combatté il papato e la monarchia, ma a questa si riavvicinò verso la fine degli anni Settanta e, in seguito, nominato senatore nel 1890, si schierò con il governo conservatore di Francesco Crispi.
Dovette ritirarsi dall'insegnamento a causa di ripetuti attacchi di paralisi, rassegnandosi ad un triste ed inevitabile declino.
Era stato un maestro assiduo, vigile, infaticabile ed ebbe attorno a sè discepoli devoti e illustri (Giovanni Pascoli, Severino Ferrari, Renato Serra........) che in seguito proseguirono la sua opera.
Nonostante la sua partecipazione alla vita politica, egli dedicò alla scuola il meglio di sè ricavando da essa le più intime e durevoli gioie.
"Da una sua lettera del 1874 si possono leggere riflessioni come queste : "quando mi trovo in mezzo ai miei giovani, credo, oh come credo, al bello, al buono, al grande, all'avvenire.Quei giovani fanno più bene essi a me che non io a loro.
E quando veggo i loro begli occhi giovanili ardere e luccicare fissi in me, mi vien voglia di gridare:"Viva l'Italia"e di baciarli tutti nelle intelligenti e splendide fronti. Ma non mostro mai a loro segno alcuno della commozione che mi destano e del bene che mi fanno.Non bisogna avvezzarli male."
 (Da "Cento Scrittori" di Giacomo Spadafora-Ed.Palumbo,pag.485)

Sono parole che illustrano in lui una inscindibile figura di uomo, maestro e poeta.

Nel 1906, primo fra gli scrittori italiani, il Carducci ebbe il premio Nobel per la letteratura.
La sua fama aveva varcato, ormai, i confini d'Italia.
Il ministro svedese, barone De Bildt, si recò personalmente a consegnare il premio al grande poeta pronunciando, nel suo studio, un sobrio e commosso discorso del quale le ultime parole furono :".....tutta l'opera vostra, illustre maestro, è improntata al culto degli ideali della patria, della libertà e della giustizia."

Pochi mesi dopo, nel 1907, il Carducci si spense. Da Sorrento giunse una corona di garofani rossi e un biglietto dello scrittore russo Gorki con queste parole:"Non è morto, perchè era un poeta."  

Carducci fu ostile al sentimentalismo romantico e allo spiritualismo che caratterizzavano la poesia italiana di quegli anni, e fu acceso sostenitore di un ritorno alle forme classiche e al naturalismo pagano. L’antiromanticismo carducciano – che fu, da subito, antimanzonismo – non si tradusse, tuttavia, nella fredda ripresa di moduli e motivi classici.

Renato Serra (dicembre 1884-luglio 1915),  critico letterario e discepolo di Carducci, scriveva:"...il Carducci leggeva i classici per imparare la loro lunga lezione dell'arte.La poesia è per lui qualche cosa di sostanziale, che ha un valore proprio; è un tesoro, un non so che divino........"

L'opera poetica carducciana è raccoltain sei volumi che sono Iuvenilia, Levia Gravia, Giambi ed Epodi, Rime Nuove, Odi Barbare, e Rime e Ritmi.




                                                      Dimora bolognose del Carducci


                                                      Casa natale a Valdicastello,Lucca



Seguono due fotografie di Castagneto Carducci, comune della Maremma toscana, in provincia di Livorno, dove il poeta trascorse la sua fanciullezza.







Ispirato dai ricordi dell'infanzia "schizza"il paesaggio di una giornata di novembre, l'undici che festeggia San Martino;di qui il titolo della lirica: "San Martino".

Chi non ricorda la poesia "San Martino", letta e commentata sui banchi di scuola, durante la primavera della nostra vita, giovani e anziani attratti dalla armoniosa musicalità dei suoi versi con la fantasia rivolta, silenziosa, alla nebbia


che sale lenta lungo gl'irti colli ........

La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.




 Bolgheri (Castagneto Carducci),l'Oratorio di San Guido."Davanti a San Guido"è un'altra ode che è legata al periodo della fanciullezza trascorsa nella Maremma toscana. 





Riferimenti bibliografici : "Cento scrittori"di Giacomo Spadafora-Ed.Palumbo
                                            Microsof &Encarta


marco buonarroti

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