mercoledì 8 gennaio 2014

CULTURA/LETTERATURA :"IL GIOVANE POETA ARTHUR RIMBAUD"

LETTERATURA:IL GIOVANE POETA RIMBAUD



La poesia:"Sensazione"

Nelle azzurre sere d'estate,andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano,a pestar l'erba tenera;
trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Io non parlerò,non penserò più a nulla:
ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
e me ne andrò lontano,molto lontano,come uno zingaro,
nella Natura,lieto come con una donna.

(Marzo 1870-aveva 16 anni.
Il desiderio di evasione;la visione panica della natura,simbiosi dell'uomo e la natura.
L' Io del poeta emerge nella metafora dello zingaro che vaga errabondo senza meta.)


Arthur Rimbaud (Charleville,1854-Marsiglia,1891) formò con Stéphane Mallarmé e Paul Verlaine, (siamo in Francia nella seconda metà del XIX secolo), la triade dei creatori della poesia moderna,non solo francese .
Con loro, e altri su un piano più modesto, la Francia conobbe,dopo l'età romantica e il parnassianesimo,un'altra stagione di fioritura poetica e di idee,contraddistinta con il nome di Simbolismo  e i cui germogli erano già, peraltro,presenti nell'opera di Charles Baudelaire.
Per comprendere i caratteri del nuovo movimento e come esso abbia influenzato anche l'arte narrativa e quindi non solo la poesia,è utile annotare che il parnassianesimo
anch'esso apparso nella seconda metà del XIX secolo,fu una ulteriore corrente poetica
che prefigurava la tendenza alla perfezione stilistica,(ritorno al Parnaso,il monte sacro di Apollo)con l'intento di reagire all'eccesso sentimentale del Romanticismo,negando
l'impegno sociale o politico del poeta ed esaltandone il riserbo e l'impersonalità;la poesia,insomma,doveva avere il solo scopo di perseguire la bellezza,di tendere e codificare il"bello stile".Paul Verlaine ne fece parte e nel 1866 compose sette poesie raccolte nei "Poèmes Saturniens"di cui propongo la lettura della nota "Mon réve familier"allo scopo di coglierne i tratti caratterizzanti parnassiani :

Io faccio spesso questo sogno strano e penetrante
d'una misteriosa donna, che amo, e che m'ama,
e ch'ogni volta non è mai sempre la stessa,
né mai del tutto un'altra, e m’ama e mi comprende.

Si, mi comprende, e il mio cuore, trasparente,
per lei sola, ah! cessa d’essere un problema
per lei sola, e il madore della mia livida fronte,
lei solo lo sa rinfrescare, piangendo.

È ella bruna, bionda o rossa ? — Io l'ignoro.
Il suo nome? Ricordo ch'è dolce e sonoro
come quello degli amanti dalla Vita esiliati.

Il suo sguardo è simile a quello delle statue,
e, la sua voce, lontana, calma, e grave, ha
il suono delle care voci ormai estinte.
(Paul Verlaine,1866)
(Delicatezza del ritmo,espressione di naturali sentimenti amorosi,struttura semplice che 
danno della lirica un quadro di bellezza stillstica parnassiana)


Andava intanto affermandosi il Simbolismo, che prese coscienza di sé dal 1886 (anno del manifesto di Jean Moréas) al '900 e che si dimostrò essere un fenomeno letterario di ben più vasta scala collegandosi all'Impressionismo nella pittura e all'Irrazionalismo nella filosofia.
Si trattava di una nuova maniera poetica e solo poetica,giacchè in esso fu realizzata la scissione tra poesia e narrativa,e la cui diffusione segnò la fine del'età romantica.
Il Simbolismo rinunciava al carattere descrittivo e illustrativo della poesia tradizionale,privilegiava l'aspetto simbolistico dell'opera esaltando i lati più segreti e originali del poeta,una poesia che si appellava alla sua vita interiore e a quanto di più misterioso in essa risiede,utilizzando gli strumenti dell'intuizione e dell'immagine,rivolgendosi,di riflesso,alla sensibilità del lettore e non alla sua ragione e al suo intelletto.
Arthur Rimbaud ne personificò l'essenzialità; fu più originale e più potente di Verlaine e di Mallarmé, più libero dai condizionamenti del conformismo culturale borghese esprimendosi con durezza e alogicità;i suoi versi rivelavano spontaneità giovanile e una inconfondibile originalità,non dimentichiamo che stiamo parlando di un Rimbaud sedicenne,all'esordio della sua geniale produzione poetica,studente di liceo nella natia Charleville,dove il suo ingegno gli valse giudizi lusinghieri,premi e note di merito,nonché una rapida carriera scolastica.
Chi conosce già la sua vicenda umana,per averla studiata sui banchi di scuola o per averla approfondita in quanto amante della poesia e dell'arte in generale,ed é il mio caso,e volendo dare di essa una traccia completa,pur con i limiti di una conoscenza autodidattica,non può non partecipare con un sentimento di intima comprensione e rimpianto alle sofferenze interiori del giovane Rimbaud e alle sue inquietudini che lo videro impegnato nella ricerca e conoscenza del proprio"Io"per cercare di collocarlo,non solo all'interno del suo nuovo mondo poetico,ma anche nella realtà del mondo fisico che lo circondava,dapprima, di quello ristretto della famiglia,della scuola,della chiesa e poi successivamente di quello più amplio della società parigina.
Egli ben presto manifestò il desiderio di rompere i rapporti con la famiglia e l'ambiente di Charleville,decise di affrancarsi dal cristianesimo dopo un periodo travagliato di continue contraddizioni;credeva nel potere del cristianesimo ma decise di uscirne.
Nel 1871,anno in cui scrisse "Le bateau ivre", mise in atto la sua prima fuga a Parigi per condividere l'euforia per la proclamazione della Repubblica
con la conseguente istituzione della "Comune";seguirono altri vagabondaggi nel Belgio fino a Bruxelles,ritornò a Parigi invitato da Paul Verlaine, entusiasta del lavoro poetico
del giovane, e da questi fu introdotto negli ambienti letterari,per lo più ostili verso i suoi eccessi lirici,iniziando un periodo di vita sregolata fondata sul rapporto particolare
che si era venuto,intanto, a creare con Verlaine.Insieme continuarono i vagabondaggi ,che li videro soprattutto in Inghilterra e in Belgio,sono gli anni '72 e '73:del 1872,aveva 17 anni,è il celeberrimo sonetto:"Vocali",emblema del simbolismo,del 1873 è l'opera
"Illuninations"(prosa e poesia) e "Une Saison en Enfer"(prosa).
Poi avvenne la rotttura con Verlaine a cui fece seguito un ritiro a Roche presso una casa per ferie della famiglia dove compose le opere citate.Egli tentò di inserirsi nella società borghese,ma fu sempre dalla parte degli infelici ritrovandosi cosi solo,privo dell'affetto di una donna o di un qualsiasi compagno.

Il 1871 fu un anno importante poichè Rimbaud tracciò,nella "Lettera del veggente",inviata il 15 maggio all'amico poeta Paul Démeny , i lineamenti della "(...letteratura nuova,distrusse in poche righe il passato letterario della Francia e del mondo;salvi solo i Greci dell'antichità.Ora bisogna instaurare una poesia nuova,fondata sull'assioma che "Io é un altro"...il nostro "Io"é ancora inesplorato,sepolto e confuso nell'inconscio e a lui bisogna ricorrere per ricongiungersi con "l'Intelligenza universale".Il primo studio dell'uomo che vuole essere poeta,prosegue il magister diciassettenne,é la conoscenza di se stesso.Sembra semplice.Ma si tratta di farsi un'anima mostruosa.Bisogna essere veggenti.Il poeta si fa veggente per mezzo di un lungo,immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi.Tutte le forme d'amore, di sofferenza,di follia;egli consuma in sè tutti i veleni per non conservarne che le quintessenze.E cosi arriva all'ignoto;e quand'anche,sgomento,finisse a perdere l'intelligenza delle sue visioni,egli le ha viste)"- (da:Storia della letteratura francese di Mario Bonfantini-Ed.Mondadori/pag.322)
Non si può non restare colpiti da un somma e rispettosa sensibilità,almeno per quanto mi riguarda,leggendo l'esposizione dei contenuti del suo geniale,precoce intelletto,soprattutto perchè si legge tra le righe una sofferenza predestinata: lui amava la sua poesia ma era consapevole,forse,che l'essere poeta veggente l'avrebbe portato verso la solitudine dell'ignoto,a percorrere un cammino lungo lande solitarie e sconosciute dove "l'Io-poeta errante avrebbe presagito la nuova forma poetica e percepito le sue visioni,in un intreccio di suoni e di sensi,in un disordine dal quale sarebbe stato difficile uscire se non ritraducendo quel caos con la ragione.
Dibattuto,quindi,consunto da travolgenti contraddizioni e tra queste le antinomie fra sregolamento dei sensi e ragione,ribellione da una parte e la ragione dall'altra,libertà e civiltà,capi che non c'era via d'uscita se non quella della follia e cosi decise di rinunciare alla sua poesia,rinnegò il suo passato ponendo fine alla sua stagione poetica,i cui frutti restarono e restano per comprendere come la sua lirica sia stata una nuova forma di conoscenza tra ispirazione ed esaltata immaginazione.
La sua opera :
dal 1869 al 1872,dai quindici ai diciotto anni,scrisse 42 poesie,tra cui il celeberrimo poema "Le bateau ivre" e l'altrettanto celeberrima poesia "Vocali",raccolte sotto il titolo di "Premièrs vers"
nel 1873,scrisse "Illuminations"e "Une saison en Enfer".

Sopravvisse l'uomo Rimbaud impegnato a svolgere,dal 1874 al 1891, anno della sua morte,le più disparate attività da cui trarre i mezzi di sussistenza e in alcuni casi anche guadagni cospicui come accadde
nel 1886/87 quando,in Africa, organizzò un traffico di armi per conto del Ras Menelik d'Abissinia.
Dette lezioni di francese in Inghilterra,fu precettore a Stoccarda,volontario nell'esercito coloniale olandese da cui,una volta giunto a Batavia,disertò per rientrare in Europa;sul finire del 1876 riparti per l'Oriente alla volta di Aden e da qui in Abissinia,dove rimase per dieci anni.
Nel frattempo,nel 1886, fu pubblicata la raccolta di prose "Illuminations"che consolidò la sua nascente fama alla cui diffusione contribui Verlaine che tracciò del poeta,suo vecchio amico,un profilo nel 1883.
Il suo continuo vagabondare, secondo il mio parere, rivela la persistenza di quell'inquietudine esistenziale riflessa,ora,nel mondo fisico,e di cui non potè mai liberarsi, neanche dopo avere negato il suo passato di poeta veggente e che l'accompagnò fino alla morte, avvenuta nel 1891 a Marsiglia.

LA poesia "Voyelles" (Vocali)

(Tanto si è detto e scritto a commento di questo sonetto,studiosi,critici,scrittori di rilievo,interpretazioni tutte autorevoli e seducenti;il lettore può conoscerle e approfondirle leggendo testi specializzati.
Per quanto riguarda il mio modesto e autodidattico parere,posso dire semplicemente
che i versi sono coerenti con la trama simbolista di tutta l'opera di Rimbaud, che essi
esprimono nella sua mente il legame tra immagine e fantasia,colore e significato simbolico.Probabilmente il punto di partenza è l'abbecedario dei primi anni di scuola,
dove l'associazione tra colore e parola gioca un ruolo importante per memorizzare e suscitare la fantasia infantile che nel giovane poeta diciassettenne scatena, in chiave poetica, le sensazioni dell'Io veggente.)   

Il Sonetto fu composto nel 1872:Rimbaud aveva 17 anni)

A nera, E bianca, I rossa, U verde,O blu: vocali,
io dirò un giorno le vostre segrete origini:
A, nero,corsetto villoso delle mosche lucenti
che ronzano intorno a crudeli fetori,

golfi d'ombra; E,candori di vapori e di tende,
lance di fieri ghiacciai,bianchi re,brividi d'umbelle;
I, porpora,sputo di sangue,riso di belle labbra
nella collera o nelle ebrezze penitenti;

U, cicli, fremiti divini di mari verdi,
pace dei pascoli disseminati di animali,pace delle rughe
che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose;

O, Tromba suprema piena di stridori strani,
silenzi solcati dai Pianeti e dagli Angeli:
- O l'Omega e il raggio violetto dei Suoi Occhi !


LA POESIA " LE BATEAU IVRE" (Il battello ebbro)

(Rimbaud s'identifica nel battello che compie un viaggio interiore,un'avventura spirituale,un conflitto contro l'esistenza stessa,in cui la violenza delle immagini
riflette la sua esperienza "veggente".
"Notevole è la maestria tecnica del verso,la forma sintattica del discorso e la padronanza dell'uso delle metafore".(giudizio tratto da "Rimbaud -Poesie/Newton Compton Editori")
Mentre scendevo il corso di fiumi impassibili,
Non mi sentii più trainato con le funi dell’alaggio:
Bersagliati i miei uomini da Pellerossa striduli,
Inchiodato nudo a variopinti pali l’equipaggio.

Non mi curavo dei carichi nella mia stiva,
Portassi tela di Fiandra oppur cotone inglese;
Mentre con la mia ciurma anche il chiasso moriva,
I Fiumi mi lasciarono andare alle mie discese.

Tra sciarbodii furiosi di maree, l’altro inverno,
Più sordo del cervel d’un bimbo, corsi a tentoni.
E le Penisole fluttuanti in derive senza governo
Non subirono mai più trionfali scrolloni.

La tempesta ha benedetto le mie sveglie marittime;
Più lieve d’un tappo danzai per dieci notti su onde
Che sono chiamate “eterne portatrici di vittime”,
Senza rimpiangere i fari e le loro insulse ronde.

Più dolce che le mele asprigne per un bambino,
L’acqua smeraldo penetrò nel mio scafo d’abete,
Lavando le tracce di vomito e le macchie di vino,
Sperdendo àncora e timone nell’azzurra quiete.

Da allora mi sono bagnato nel Poema del Mare,
Infuso d’astri e fatto lattescente, ho divorato
Ogni ceruleo verde, ove a volte vedi fluttuare,
Relitto pallido in estasi, un assorto annegato;

E ove, tingendo d’un tratto bluastre enfiagioni,
Per deliri e ritmi lenti nel rutilante calore,
Più forti dell’alcool, più vasti delle nostre canzoni,
Fermentano ancora i rossori amari dell’amore!

Conosco i cieli che esplodono in lampi, e le trombe
D’aria, e le risacche e le correnti e le sere;
Poi l’Alba eccitata come un popol di colombe,
E cose che l’uomo a volte crede di vedere.

Ho visto il sole basso, tinto di mistici orrori,
Illuminare certe fissità viola e persistenti,
Come attori d’antichi drammi, e ondosi umori
Portar via i loro brividi come scosse di battenti!

Ho sognato la notte verde di nevi abbagliate,
Che salendo lenta agli occhi dei distesi mari,
Baciava arterie di linfe mai prima osservate,
E la sveglia giallo-azzurra di fosforei cantari!

Per mesi ho seguito l’assalto del mare a uno scoglio,
Qual mandria di vacche isteriche, senza pensare
Che il grugno degli oceani in asmatico gorgoglio
Potesse sotto il piede di Maria farsi schiacciare.

Ho cozzato (pensate un po’!) in Floride di meraviglie,
Dove i fior d’occhi di pantera li distingui a stenti
Dalla pelle d’uomo! Poi arcobaleni tesi come briglie
Sotto la linea dei mari, verso glauchi armenti!

Ho visto fermentare enormi paludi, e reti
Dove un Leviatano intero marcisce tra le fratte,
E crolli d’acqua tra bonacce in lunghe quieti,
E lontananze vanire verso abissi in cateratte.

Ghiacciai, soli argento, flutti perla, cieli di braci,
Orridi relitti persi in fondo a golfi bruni,
Ove serpi giganti ròse da cimici rapaci
Cadono da contorti alberi tra neri profumi!

Da floreali spume erano le mie derive cullate,
Venti ineffabili m’alzavano in balzi volanti,
E avrei voluto mostrare ai fanciulli certe orate
D’acque azzurre, pesci d’oro, pesci cantanti!

A volte, martire stanco di poli e paralleli,
Il mare coi suoi singhiozzi addolciva il mio rollìo,
Sollevando ombre a ventose gialle in floreali steli.
E come donna in ginocchio, così restavo io…

Quasi isola, sballottando sui miei bordi i liquami
E gli strilli d’uccelli ciarloni con pupille chiare,
Io vogavo, quando attraverso i miei fragili fasciami
Vennero in me a ritroso annegati a riposare...

Ora, io, perso in una chioma di baie, battello
Gettato dal ciclone nell’etere senza volatili,
Carcassa ebbra d’acqua che nel suo mulinello
Non troveranno i Monitors né i velieri anseatici;

Io, sorto da brume viola, libero e vaporoso,
Che il cielo rosseggiante traversai come un muro,
e che porto (per i buoni poeti gouter gustoso)
Licheni di sole e moccio d’azzurro puro;

Io che corsi, schizzato di lunule elettriche,
Plancia folle, scortata da schiere di ippocampi,
Quando il luglio fa crollare di scosse epilettiche
I cieli d’un blu oltremare dentro a imbuti brucianti;

Io, che sentendo i gemiti dei Behemoth in calore
e dei densi Maestrom, a cinquanta leghe, fremetti;
Io, di immobilità celesti eterno tessitore,
Io rimpiango l’Europa dagli antichi parapetti.

Ho visto arcipelaghi siderali, isole di visibili
Con cieli deliranti aperti al navigatore!
È in tali notti abissali che tu dormi e ti esili,
O Milione d’uccelli d’oro, o futuro Vigore?

Ma troppo io ho pianto, è vero. L’Albe son strazianti,
Tutte le lune sono atroci e tutti i soli amari:
L’acre amore mi ha riempito di torpori ubriacanti.
Ah, scoppi la mia chiglia! Ch’io affondi nei mari!

Se desidero un poco d’acqua d’Europa, è quello
Della pozza nera e fredda in cui il ragazzo accucciato,
Con occhi tristi, fa andare il suo fragile battello,
Come farfalla di maggio nel tramonto profumato.

Onde, non posso più, pregno di vostri languori sottili,
Seguire la rotta dei portatori di cotone,
Né nuotar sotto gli occhi d’orribili pontili,
Né aver più l’orgoglio di bandiera e pennone



SCRITTO DA MARCO BUONARROTI


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

-Mario Bonfantini "Storia della letteratura francese"Ed.Mondadori
-"Rimbaud-Poesie"Newton Compton Editori

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